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Medio Oriente. Tregua a metà per il vaccino anti-polio ai bimbi di Gaza

Angela Napoletano giovedì 29 agosto 2024

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È ufficiale. Comincerà domenica a Gaza la tanto invocata campagna di vaccinazione contro la poliomielite. Lo ha reso noto una nota del governo israeliano seguita, a stretto giro, da una dichiarazione di conferma di Hamas. Il premier Benjamin Netanyahu ha calibrato parole, virgole e spazi del comunicato per evitare di evocare “tregua” e “pausa umanitaria”. Le operazioni, questa è l’unica indicazione del suo gabinetto di sicurezza, avverranno in «determinati luoghi» della Striscia «assegnati» al personale sanitario.

È la prima volta dopo mesi che Hamas e Israele raggiungono un accordo che profuma di requie. L’ultimo risale alla settimana compresa tra il 24 novembre e il 1° dicembre 2023 quando le parti concordarono il rilascio di 110 ostaggi israeliani in cambio di 240 prigionieri palestinesi. La svolta, ora, si deve alla polio che, completamente debellata nei Paesi occidentali negli anni ’80, è stata rilevata nelle acque reflue di Gaza già a giugno.

Il primo caso accertato a Gaza dopo 25 anni riguarda Abdul Rahman, 11 mesi, al quale il tipo 2 del virus ha parzialmente paralizzato la gamba sinistra. La foto che lo ritrae in una tenda del campo profughi di al-Mawasi, addormentato nel suo seggiolino con una bambina più grande a sventolargli aria fresca sul volto, ha fatto il giro del mondo. La mamma, Niveen Abu al-Jidyan, ha raccontato: «Non era stato vaccinato a causa dei nostri continui spostamenti. Quando abbiamo lasciato il Nord aveva solo un mese».

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha stimato che le pessime condizioni di igiene degli accampamenti, il caldo e la malnutrizione stanno mettendo a rischio la vita di 640mila bambini non immunizzati sotto i 10 anni.

Da Ginevra sono arrivate nella Striscia più di 1,6 milioni di dosi di vaccino che, tuttavia, non è stato possibile utilizzare a causa dei bombardamenti. In attesa di un temporaneo “cessate il fuoco”, l’Unicef le ha immagazzinate in apposite strutture refrigerate. Impossibile, questo era l’appello degli operatori sanitari, intervenire sotto i bombardamenti. La scorsa settimana era stato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, a premere su Netanyahu perché aprisse alla campagna vaccinale.

Il rischio segnalato da più parti è che il virus della poliomielite, altamente contagioso e potenzialmente letale, possa arrivare fin dentro il territorio di Israele. Non è ancora chiaro quanto durerà questa parentesi aperta nel conflitto. L’accettazione di Hamas parla di una settimana ma secondo fonti egiziane le operazioni, limitate alle ore diurne (dalle 6 alle 15) e circoscritte ai luoghi in cui non opera l’esercito israeliano, non supereranno i cinque giorni.

Secondo un alto funzionario dell’Oms, Israele ha accettato tre diverse pause in tre zone di Gaza, ciascuna della durata di tre giorni. Se necessario, è stata data la disponibilità anche a un quarto giorno. L’incertezza rende la pianificazione, essenziale alla riuscita della campagna, estremamente difficile ma le associazioni mobilitate nella somministrazione, tra cui c’è pure la Caritas, sono pronte a entrare in azione.

Sono lontani i tempi in cui la lotta contro la poliomielite apriva spazi di collaborazione tra Paesi nemici. La diplomazia sanitaria, in qualche caso, ha persino facilitato la pace. In Medio Oriente, al momento, profuma appena di “tregua”. «È per il cessate il fuoco, oltre che per i vaccini – ha commentato il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani – che continuiamo a lavorare».