“Traffico di esseri umani: questioni al di là della criminalizzazione”. Dopo quattro giorni di lavori su questo tema si è chiusa oggi la 21esima sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. In conferenza stampa, il presidente dell’istituzione vaticana, Margaret Archer, e alcuni suoi membri hanno presentato il risultato del confronto tra studiosi, docenti universitari e funzionari di organizzazioni governative che confluiranno in una serie di raccomandazioni di cui si attende la pubblicazione.
“Essere utili, non accessori o creativi, nel contrastare il fenomeno della tratta” come vuole il Papa. Questo stiamo facendo, ha chiarito la presidente della Pontificia Accademia, Margaret Archer, spiegando le modalità d’azione cioè i contatti presi con la polizia, con i giovani e con i leader religiosi, per un obiettivo globale, che è "unire tutti e far riconoscere il traffico come delitto morale e criminale”.
Prossimo Obiettivo del millennio
Vogliamo, ha spiegato la Archer ,arrivare a inserire l’eliminazione o almeno la riduzione del traffico delle persone e quel che ne consegue (lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi, schiavitù domestica) tra gli obiettivi del millennio per i prossimi 15 anni. Se riusciremo o no questo non lo sappiamo, ma "ne parleremo anche con il segretario dell’Onu, il prossimo 28 aprile, quando sarà qui in Vaticano". Poi, i due punti chiave su cui si è lavorato in questi giorni: le modalità di protezione delle vittime - che prevede la necessaria distinzione tra l'immigrato illegale e la persona schiavizzata, perché possano denunciare - e le strade per ridurre la domanda.
Un problema di libertà
Perché si abbiano progressi sulla questione traffici e schiavitù, ha spiegato il prof Stefano Zamagni, membro dell’Accademia, dai lavori è emersa la necessità di sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni prendendo coscienza del fatto che il fenomeno si evolve in continuazione, che non va sottovalutato appunto il ruolo della domanda, superiore a quello dell’offerta, e che va contrastata la mentalità dell’individualismo libertario che si sta diffondendo...
“...secondo cui se uno sceglie di fare qualcosa, bisogna lasciarlo fare. Questo è un problema serio, perché qui si chiama in causa il concetto di libertà, cioè dire: è scelta libera quella di chi mi dice: devi scegliere tra morire adesso, oppure venderti alle condizioni che io impongo? E se io scelgo di accettare la seconda opzione, posso dire di essere libero?”
Società civile
Da qui una serie di suggerimenti. Spicca innanzitutto il potenziamento del ruolo di denuncia della società civile e delle organizzazioni:
“Si tratta di dotare queste organizzazioni, che al momento non hanno nessun riconoscimento ufficiale in sede Nazioni Unite, del potere di indicare e di praticare, evidentemente, forme di protesta civile che si esprimono col portafoglio, cioè dire: io non compro, non accetto di entrare in relazione di affari, pur legalmente possibili, se vengo a sapere che dietro quelle relazioni di affari ci sono fenomeni di sfruttamento e di schiavitù”.
Domanda e cooperazione
Altrettanto importante è insistere perché sia accettato a livello giuridico il concetto di tratta come crimine contro l’umanità, come sostiene il Papa, infine la sollecitazione alla creazione di una autorità mondiale che faccia applicare i protocolli. Se la sessione ha avuto come obiettivo quello di lavorare sulla prevenzione più che sulla pur necessaria, ma limitata nei suoi effetti, criminalizzazione, i lavori, ha concluso il professor Pierpaolo Donati, anch’egli membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, hanno evidenziato che è la riduzione della domanda la chiave di volta da ottenere su due binari, una strategia morale e una nuova cultura della cooperazione.
Questi alcuni dei suggerimenti citati: “Rendere non profittevole il lavoro non protetto o addirittura la prostituzione, soprattutto modificando il lato della domanda, del consumatore. Quindi, modificare le preferenze nei clienti, nei consumatori, chi usa le persone “trafficate”. Boicottando i prodotti delle imprese che producono questo tipo di beni, chiedendo che venga messa sui prodotti venduti sul mercato una targhetta che dica che quel prodotto non è stato fabbricato, prodotto col lavoro forzato o in altro modo vietato dalla legislazione. E poi incoraggiare quello che riguarda la donazione degli organi, e in questo la Chiesa può avere un ruolo. Proibire la vendita di organi, l’educazione civica nelle scuole. E poi, ancora, connettere le associazioni che sensibilizzano l’opinione pubblica”.
(Gabriella Ceraso - Radio Vaticana)