Giappone. Addio pacifismo, ora Tokyo si lancia nel mercato delle armi
Una immagine di Tokyo
Era l’ultimo “baluardo” del pacifismo. Ora – sotto i colpi di spinte e pressioni apparentemente irresistibili – il Giappone sta per congedarsi definitivamente dallo spirito “confitto”, nero su bianco, nella sua Costituzione. L’ultima picconata è arrivata ieri.
Tokyo ha approvato un piano per vendere aerei da combattimento di prossima generazione. Come ha sottolineato la Ap, il Paese sta lavorando con Italia e Regno Unito per sviluppare un caccia avanzato: rimpiazzerà la vecchia flotta di caccia F-2 di progettazione americana e gli Eurofighter Typhoon, utilizzati dagli eserciti britannico e italiano. I jet verranno schierati entro il 2035, in quella che è la prima partnership di Tokyo per lo sviluppo di attrezzature di difesa con un Paese diverso dagli Stati Uniti. I potenziali acquirenti saranno limitati ai 15 Paesi con cui il Giappone ha firmato «accordi di partenariato per la difesa e di trasferimento di attrezzature». Cade dunque uno degli ultimi muri che trattenevano il Giappone nell’alveo del pacifismo: la Costituzione nipponica limita il compito dell’esercito alla sola autodifesa. Il Consiglio dei ministri di Tokyo ha approvato una revisione delle linee guida per il trasferimento di attrezzature e tecnologie per consentire la vendita di armi letali coprodotte a Paesi terzi.
Il cambiamento è epocale e rompe uno status quo impiantato dopo la disfatta nella Seconda Guerra mondiale, quando l’intenzione che guidò gli Stati Uniti era di evitare che il Giappone potesse diventare nuovamente una minaccia nello scacchiere internazionale. Il risultato finale, scrive il sito di analisi The Conversation, «è che Tokyo è diventata una “portaerei inaffondabile”, con basi militari statunitensi sparse in tutto l’arcipelago».
Non si tratta di un’inversione di rotta repentina. Il cambiamento arriva da lontano. Già nel 2012 l’allora premier Shinzo Abe lanciò una nuova dottrina di sicurezza denominata «pacifismo proattivo».
La formula mascherava l’intenzione che già allora animava Tokyo: abbandonare progressivamente il dogma dell’autodifesa. Nel dicembre 2022 il Paese ha poi introdotto una strategia di sicurezza nazionale rivista e nuove istituzioni di sicurezza, come il Consiglio di sicurezza nazionale. E ancora: ha revocato il divieto di lunga data sulle esportazioni di armi, avviato nuovi partenariati, modernizzato il suo esercito e reinterpretato – o “violentato” – la Costituzione per consentire la partecipazione del Paese alle operazioni collettive di autodifesa insieme agli alleati. Il governo ha infine detto sì a un nuovo budget record per la difesa: 7,95 trilioni di yen, pari a 55,9 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2024, con un aumento del 16,5% rispetto al 2023. L’obiettivo di spesa è di 43 trilioni di yen (302 miliardi di dollari) fino al 2027.
L’invasione russa dell’Ucraina ha quindi inferto al processo una forte accelerazione. Nel primo anniversario dell’invasione, il primo ministro Fumio Kishida ha avvertito: «L’Asia orientale domani potrebbe essere l’Ucraina di oggi». La possibile scintilla? Taiwan, con paurose ricadute su tutta l’Asia. Quello che è certo è che Tokyo sta spingendo sempre di più per ridisegnare il suo ruolo strategico. Il premier Kishida sta ultimando i preparativi della visita che lo porterà a Washington il prossimo mese. I due Paesi si dicono pronti al più «grande rafforzamento della cooperazione militare dai tempi della Seconda Guerra mondiale». Il nemico è, neanche a dirlo, la Cina. Il vero nodo è capire di chi.