Etiopia, la guerra oscurata. Msf: «In Tigrai strategia della fame contro i civili»
L’assedio e la strategia della fame che stanno colpendo soprattutto i bambini e i più vulnerabili. E’ lo scenario ”cupo” che ha assunto dopo sette mesi il conflitto nascosto ai media in Tigrai tra l’esercito etiope e gli alleati eritrei e, dall’altra parte, le milizie del Tplf, il partito popolare di liberazione tigrino.
Lo conferma Medici senza frontiere, che ieri ha offerto una rara testimonianza dal campo sulle sofferenze dei 7 milioni di tigrini attraverso un incontro con due operatori italiani - Tommaso Santo, responsabile dell'intervento di emergenza nella regione e Marco Sandrone, coordinatore dei progetti nelle città di Axum e Adua - tornati rispettivamente da 20 giorni e da meno di una settimana. Ulteriore prova della catastrofe umanitaria in corso, denunciata anche dai report di diverse organizzazioni non governative e dell’Onu e dalle testimonianze raccolte in questi mesi da diversi media internazionali tra cui Avvenire.
Secondo Santo e Sandrone il conflitto è lungi dall’essere terminato, come aveva annunciato il premier etiope Abiy Ahmed (Nobel per la pace 2019) alla fine dello scorso novembre, ma per quanto verificato sul campo dagli operatori sanitari dell’Ong (Nobel per la pace 1999) continua con la tattica della guerriglia usata dal Tplf, uscito dalle grandi città, cui etiopi ed eritrei replicano con bombardamenti, mentre l'accesso umanitario alla popolazione civile continua a essere “complesso e spesso volutamente ostacolato". La presenza e le pressioni dell'esercito etiope sembrano inoltre in aumento, anche in strutture come gli ospedali, l’80% dei quali è stato danneggiato.
“E’ una guerra – afferma Sandrone - che continua a infliggere costanti abusi ai civili”.
Entrambe le parti hanno disseminato la regione di posti di blocco che cambiano speso appartenenza in base all’andamento del conflitto. "Ne organizzano di numerosi - ha riferito Santo - ma quelli che ci stanno causando più problemi sono quelli organizzati dalle forze armate federali ed eritree, che in alcuni casi hanno l'obiettivo di tagliare fuori alcune aree, di assediarle e di affamarle": Come è accaduto ad Axum, raccontano, per due settimane ad aprile, quando non potevano entrare nemmeno l’ossigeno e i farmaci per l’ospedale né si potevano trasportare ammalati. In molte aree l’accesso degli operatori umanitari è interdetto l’accesso per infliggere altri danni alla popolazione che non può neppure andare al mercato ad acquistare il cibo. L’impatto è devastante. Tra le vittime indirette gli ammalati cronici, soprattutto gli anziani che non possono venire curati in quella che prima del conflitto era una sanità d’eccellenza in Africa. Mentre crescono i casi rilevati da Msf di malnutrizione infantile sotto i cinque anni. Mentre le donne incinte che fino a 7 mesi fa le partorivano in ospedale, oggi restano a casa senza assistenza con gravi rischi.
Tre le priorità di Msf, che secondo Santo "è stata la prima organizzazione ad arrivare, entro le prime due settimane di novembre, ed è una di quella che sta avendo il maggiore accesso" c'è il ristabilimento della funzionalità della rete ospedaliera. Altro obiettivo chiave per Sandrone, è "ripristinare l'accesso ai servizi di base". Bisogna poi, ha sottolineato l'operatore, dare sostegno "al milione di sfollati che ha lasciato le città dell'ovest per spostarsi nel centro e nell'est della regione, un quarto dei quali si trovano tra Axum ed Adua".
In ultimo, un appello alla comunità internazionale. "Potrebbe e dovrebbe fare molto di più - ha concluso Sandrone - il suo silenzio è stato frustrante”.