Terremoto. Il nunzio Zenari: il mondo aiuti Aleppo, serve subito un cessate il fuoco
Un giovane di Aleppo tra le macerie di un palazzo crollato per il terremoto
«Qui le temperature sono molto rigide. Partendo questa mattina da Damasco abbiamo trovato la neve: la gente sfollata, cominciamo dal sottolineare questo, vive in questa situazione climatica molto dura». Ha appena terminato la visita alle comunità religiose e alle comunità cristiane colpite dal terremoto ad Aleppo, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, quando risponde ad Avvenire. Parrocchie e conventi trasformatisi nel volgere di una tragica notte in primi centri di accoglienza e di coordinamento spontaneo degli aiuti degli aiuti.
«Sono incontri molto toccanti, l’ultima era una comunità che ora accoglie mille persone. Tutti mi dicono che la gente ha molto paura: pure io poche ore fa, mentre visitavo una chiesa, ho sentito il pavimento tremare. La gente ha paura di rientrare nelle case, non sono più stabili, spesso danneggiate dagli anni di guerra. Sinora non ho visto molte case rase al suolo, ma i danni peggiori sino quelli che non si vedono all’esterno: le fessure che le rendono inagibili. Un palazzo di sei piani, che ho visitato, è rimasto in piedi solo per metà. Nella parte rimasta illesa abitava un vescovo emerito, in quella crollata il suo segretario, un sacerdote di 50 anni trovato poi estratta morto da sotto le macerie. Domani (oggi, ndr) continuerò la mia visita»
Soccorritori ad Aleppo su quello che resta di un palazzo distrutto dal terremoto - Ansa
Cardinale Mario Zenari, come si può intervenire per portare aiuti umanitari in questa tragedia, tenendo conto anche della situazione politica molto complessa della Siria. Il governo ha ribadito di voler gestire gli aiuti su tutto il territorio della Siria...
È un punto molto delicato, credo che questa tragedia sia un test umanitario sia per la Siria, sia per la comunità internazionale. Tutti devono essere capaci di superare contrasti, conflitti: purtroppo qui in Siria siamo in una situazione di guerra non ancora superata. Voglio sperare che il senso di umanità prevalga, si possa arrivare a questo auspicato cessate il fuoco, che tacciano le armi e che ci si rimbocchi tutti quanti le maniche per soccorrere la gente bisognosa. E poi indurre la comunità internazionale a superare gli interessi politici, le divisioni politici: qui c’è da soccorrere l’umanità tout court. Sarà un test di umanità e saremo giudicati tutti di fronte alla storia: la Siria che deve superare divisioni e conflitti interni, come la comunità internazionale. Un test di umanità.
Eminenza, ma che grido ha visto levarsi in queste tragiche ore da Aleppo, che è una città simbolo di tutte le sofferenze e le contraddizioni del popolo siriana?
Aleppo è una città martire. Mi ricordo quello che ha vissuto questa città nel 2016, negli ultimi giorni della terribile battaglia di Aleppo nevicava e pioveva mentre centinaia di migliaia di sfollati fuggivano dalla città. Questa è gente che ha sofferto il martirio, ogni genere di armi sono state sganciate su questa popolazione, poi è stata quella che io chiamo la “bomba della povertà”, con oltre il 90% della popolazione sotto la soglia sussistenza e adesso questa orribile catastrofe naturale. Ora la gente, anche i religiosi ti ti chiedono: perché ora anche questa tragedia? Difficile rispondere, qui c’è solo la risposta della solidarietà.
Aleppo è anche la città delle sette cattedrali cristiane che convivono in pace. Cosa rappresenta questa comunità per la Chiesa universale?
Ad Aleppo ci sono sei vescovi cattolici, due vescovi ortodossi, un pastore protestante: prima del conflitto c’erano 150mila cristiani di varie denominazioni. Adesso sono 30mila. Anche questa è un’altra tragedia, e ora il confronto con la calamità del terremoto. La Chiesa cattolica un anno fa fece una conferenza per organizzare la carità e un paio di mesi è insediata una commissione per organizzare gli aiuti umanitari. Appena in tempo, viene da dire. Ma questi 12 anni di guerra ho visto molta gente morire, ora sto vedendo la speranza morire: per questo tutti noi come Chiese dobbiamo cercare di tenere viva la speranza di Aleppo.
Aleppo dopo il terremoto - Ansa