Tensione negli Usa. Trump, altri guai. Attesa per il possibile arresto
Dimostrazioni anti-Trump fuori dal tribunale di New York
Sembra stringersi ancora il cerchio giudiziario intorno a Donald Trump. Alla vigilia del possibile rinvio a giudizio comprensivo di arresto e trasferimento alla Procura di New York per un interrogatorio prima del rilascio su cauzione, arriva l’indiscrezione su un’altra inchiesta che starebbe per arrivare a conclusione nelle prossime settimane. Estorsione e cospirazione sono i reati che la procura di Atlanta sta valutando di contestare per i tentativi dell'allora capo della Casa Bianca di ribaltare l'esito delle elezioni presidenziali in Georgia del 2020. Lo riferisce la Cnn citando una fonte vicina alle indagini.
Gli investigatori disporrebbero di una grande quantità di prove sostanziali, tra cui registrazioni di telefonate, e-mail, messaggi di testo, documenti e testimonianze raccolte da uno speciale gran giurì. È noto che Trump premette sul segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger affinché “trovasse” i voti necessari per assicurare al candidato repubblicano i grandi elettori dello Stato, decisivi nella corsa contro Joe Biden. Raffensperger si rifiutò. Ma è possibile che il presidente e il suo staff abbiano messo in moto altre azioni illegali per riuscire a ottenere un risultato favorevole (che poi non c’è stato).
Intanto tiene banco l’inchiesta condotta dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg che potrebbe sfociare a ore in un clamoroso provvedimento (ieri altri interrogatori di testi chiave). A fare scoppiare la bomba, com’è noto, è stato lo stesso Trump attraverso una mossa tesa sia a rilanciare la propria popolarità con una mobilitazione dei propri elettori in chiave vittimistica sia a intimidire i magistrati evocando una risposta di piazza alla sua incriminazione. La risposta di Bragg è arrivata con un messaggio a tutti i dipendenti: non ci lasciamo condizionare e non tollereremo violazioni della legge. Cui è seguito il nuovo affondo del tycoon: il procuratore interferisce con la campagna delle presidenziali, dovrebbe essere lui indagato.
È però l’intera politica Usa a essere in fibrillazione per gli avvenimenti attesi ormai a ore. Da una parte c’è l’indubbio, esibito disprezzo di Trump per il rispetto formale delle regole di una democrazia liberale, attestato dal secondo invito a sovvertire dal basso procedimenti che possono essere discutibili, ma debbono essere rispettati e contestati nelle modalità stabilite. Nei termini usati in Italia, diremmo che bisogna difendersi nel processo e non dal processo.
Dall’altra parte, il sostegno che l’ex presidente ha ricevuto dal suo partito e dai suoi sostenitori discende dalla tenuità del caso, mentre l’approccio divisivo adottato da Trump, che alla lunga potrebbe danneggiare tutti i repubblicani, fa sì che l’appello alla piazza sia preso con molta cautela, a partire dallo speaker della Camera Kevin McCarthy, il quale si è detto contrario alle proteste sollecitate via social media dall’ex presidente.
Resta il fatto che un eventuale rinvio a giudizio per aver pagato 130mila dollari con fondi elettorali il silenzio della pornostar Stormy Daniels sulla loro breve relazione del 2006 si basa su un’interpretazione cavillosa di come si possano utilizzare le somme raccolte in campagna elettorale. Si tratterebbe del primo presidente mai processato nella storia e di un fatto che avrebbe conseguenze molto pesanti sull’intero scenario istituzionale all’avvicinarsi delle elezioni del 2024.
Che effetto avrebbe sulle primarie del Partito repubblicano, in cui il governatore della Florida Ron DeSantis è atteso come primo sfidante di Trump? E che implicazioni avrebbe un potenziale candidato alla Casa Bianca che deve difendersi da varie accuse riferite al suo stesso ruolo pubblico (la legge americana non gli impedirebbe di correre)? E quanto il potere giudiziario e il potere esecutivo sarebbero screditati dall’essere coinvolti in decisioni così fortemente polarizzate e partigiane? Gli Usa lo scopriranno presto.