Impiccati a Teheran i primi due oppositori condannati nei processi per le manifestazioni antigovernative dei mesi scorsi. Un giro di vite contro cui si scaglia l’ex candidato riformista Mehdi Karrubi: «Ahmadinejad sarà cacciato prima della fine del suo secondo mandato», prevede in una intervista al
Financial Times. I due giustiziati ieri, Mohammad Reza Ali-Zamani e Arash Rahmanpur, sono stati riconosciuti colpevoli di essere «Mohareb», cioé «nemici di Dio», e di aver fatto parte dell’Assemblea del Regno, un’organizzazione monarchica che vuole il rovesciamento del regime islamico. Secondo fonti dell’opposizione, però, entrambi erano già in carcere da prima delle elezioni presidenziali del giugno scorso. Intanto sui siti riformisti circolano appelli a nuove manifestazioni l’11 febbraio, in occasione del 31/o anniversario della rivoluzione.L’avvocata Nasrin Sotudeh, legale di Rahmanpur, ha dichiarato che il suo assistito era in carcere da due mesi prima delle elezioni ed è stato costretto a confessare «a causa di minacce alla sua famiglia». L’avvocato ha aggiunto che né lei né i congiunti di Rahmanpur sono stati preavvisati dell’esecuzione.La magistratura ha precisato che le condanne a morte sono in tutto 11, ma ha identificato soltanto i due condannati impiccati: gli altri nove sono ancora in attesa della sentenza definitiva della Corte suprema, presso la quale hanno presentato appello. In passato le autorità iraniane hanno addossato all’Assemblea del Regno la responsabilità di alcuni atti terroristici, tra i quali un attentato dinamitardo in una moschea di Shiraz, nel 2008, che ha provocato 14 morti. Per il procuratore di Teheran, Abbas Jafari-Dolatabadi, i due giustiziati si erano procurati esplosivi e avevano progettato attentati «per assassinare dirigenti» iraniani.Senza appello la condanna di Karrubi: «Considerando i problemi politici ed economici, con in più una controversa politica estera, io credo personalmente che Ahmadinejad non sarà in grado di concludere il proprio mandato», ha detto da parte sua Karrubi nell’intervista al Financial Times. Un parere con dioviso dalla Casa Bianca: «È il punto più basso» raggiunto da Teheran e «non fa altro che isolare ulteriormente il governo iraniano dal mondo e dalla sua gente». Tutto questo mentre sulla questione nucleare, ha avvertito da Londra la Clinton, non ci sono alternative alle sanzioni. (