Iran. Due bombe alla commemorazione di Soleimani: 103 i morti. Accuse a Israele e Usa
Una ambulanza vicino al logo delle due esplosioni a Kerman
Due bombe fra la folla che accorreva alla commemorazione del generale Qassem Soleiman, nel quarto anniversario del raid mirato ordinato dagli Usa. Con Gaza sotto le bombe israeliane, doveva essere per Teheran l’occasione per celebrare – assieme al generale delle Forze Quds falciato da un drone all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020 – la resistenza dell’Iran e di tutto il fronte sciita contro l’Occidente. Per questo le 103 vittime e gli oltre 210 feriti fra la folla che accorreva al cimitero dei martiri a Kerman, la terra d’origine del capo Pasdaran, più che un nuovo, terrificante attentato sembrano la miccia per un “casus belli” capace di coinvolgere tutto il Medio Oriente.
Scarne note di cronaca riescono a bucare lo sconcerto e la rabbia degli apparati di regime. Non a fugare i dubbi su dinamica e mandanti di un secondo 3 gennaio di morte per gli iraniani. Due esplosioni, a breve distanza, la prima a 700 metri dal mausoleo di Soleimani; la seconda a un chilometro ma al di fuori del percorso dei pellegrini. La conferma alle prime ricostruzioni dei media locali viene dal capo della Mezzaluna Rossa della provincia di Kerman, Reza Fallah, che riferisce pure di difficoltà nel soccorrere i molti feriti a causa delle strade bloccate dalla grande folla: «Non è chiaro se l'esplosione sia stata dovuta a bombole di gas o ad un attacco terroristico». Detonazioni che, secondo alcune ricostruzioni, sarebbero state azionate a distanza. Si indaga, su un attacco imprevisto: una pugnalata alle spalle che accende violente accuse e sospetti. Il vice governatore di Kerman è il primo a dichiarare alla tv di Stato che si tratta di «attacco terroristico». Gli autori dell’esplosione nel cimitero di Kerman «sono mercenari di potenze arroganti e saranno certamente puniti» afferma il capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Ejei. Con questo termine il regime definisce gli Stati Uniti e i suoi alleati mentre il deputato Hossein Jalali punta il dito contro Israele, «sicuramente uno dei responsabili» delle due esplosioni. Accusa ribadita dal vicepresidente iraniano Mohammad Mokhber secondo cui «le mani del regime sionista hanno versato il sangue di cittadini innocenti». Intanto si deve indagare ancora per cercare prove certe sui mandanti, fa sapere il governo iraniano, ma la pugnalata alla schiena lascia per ora senza fiato il regime di Teheran come tutto il fronte sciita.
Il generale Qassem Soleimani in una immagine del 2014 - Ansa
Non ci sono rivendicazioni. In molti a Teheran ipotizzano, però, che ci sia un legame tra l’attacco di ieri a Kerman, l’attentato di martedì a Beirut nel quale è morto il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, e l’uccisione a Natale, in un raid contro un sobborgo di Damasco, di Sayyed Razi Mousavi, comandante dei pasdaran iraniani in Siria. Un attacco quello al Kerman che provocherà di certo una risposta da parte del regime di Teheran che si cerca di ponderare per non cadere nei tranelli di un domino mediorientale dagli esiti incontrollabili.
Mentre il leader dell’Hezbollah libanese Nasrallah, dopo le condoglianze rimanda a venerdì un suo giudizio per l’attacco a Kerman, il presidente iraniano Ebrahim Raisi promette che «gli autori di questo atto vigliacco saranno presto identificati e puniti» perché sono azioni che «non potranno mai turbare la solida determinazione della nazione iraniana». Le due esplosioni a Kerman «sono crimini commessi dai nemici dell’Iran e dai mercenari del terrorismo e dell’oscurità», conclude Raisi.
Soli i ribelli Houti lanciano precise accuse: «Gli Usa e Israele falliranno nei loro tentativi di creare insicurezza e instabilità in Iran». Un messaggio di cordoglio alle autorità iraniane è giunto ieri dal presidente russo Vladimir Putin che ha condannato gli attentati «scioccanti nella loro crudeltà e cinismo». Pure Erdogan fa sapere di essere profondamente rattristato per «l’atroce attacco terroristico». Fermanna condanna pure dal segretario Onu Guterres.
«Non ci sono informazioni indipendenti su quanto accaduto, troppo presto per fare valutazioni ma non abbiamo alcun motivo di pensare che Israele sia coinvolto» ha detto il portavoce del dipartimento di stato Usa Matthew Miller escludendo pure un coinvolgimento degli Usa. Ma il rischio escalation sembra incontenibile.