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Iran. Teheran aspetta i raid sul petrolio. I giovani: «No al regime e no a Netanyahu»

Nello Scavo giovedì 3 ottobre 2024

Un mercato di Teheran

Quando il premier israeliano ha scritto una lettera al popolo iraniano, rievocando i fasti della nazione persiana, i giovani di Teheran che avevano festeggiato l’uccisione del leader libanese filoiraniano Nasrallah, non si sono scaldati. «Il nostro nemico è Khamenei, e Netanyahu non sarà mai un alleato della nostra rivoluzione», si legge in una delle chat criptate da cui trapelano le informazioni delle dissidenza che già con l’astensione di massa delle recenti presidenziali.

Parole che filtrano a fatica, mentre si attende l’attacco israeliano e chi può fa incetta di carburante e viveri. Nella capitale il regime mostrerà oggi al mondo la sua apparente compattezza, mobilitando (volenti o nolenti) folle che dovranno inneggiare a Nasrallah, il leader libanese di Hezbollah i cui funerali si svolgeranno oggi nella capitale iraniana. Media libanesi che citano fonti politiche iraniane e testimoni oculari parlano di «massicci preparativi». Non una scelta casuale. Le esequie si svolgeranno durante la preghiera del venerdì guidata dal leader iraniano Ali Khamenei nel mausoleo dell’imam Khomeini. Un messaggio a Israele e al mondo, quando il rischio di un conflitto regionale non è mai stato così concreto.

I segnali sono quelli peggiori. Il prezzo del petrolio torna a crescere. A New York, dopo la risposta Usa-Israele all’Iran sempre più orientati a colpire le installazioni petrolifere di Teheran, le quotazioni sono salite del 4,15% a 73,01 dollari al barile. «Noi non diamo permessi a Israele, noi consigliamo Israele»: ha detto il presidente Joe Biden rispondendo a chi gli chiedeva se gli Usa consentiranno all’alleato di rispondere all’attacco missilistico iraniano. Una fonte iraniana ha dichiarato ad Al-Jazeera che l’Iran ha inviato un messaggio agli Stati Uniti tramite il Qatar, avvertendo che «la fase di autocontrollo unilaterale è terminata». Qualsiasi attacco israeliano incontrerebbe una «risposta non convenzionale», ha aggiunto la fonte, alludendo a possibili raid contro le infrastrutture israeliane. Tuttavia «l’Iran non vuole una guerra regionale», ha ribadito l’intervistato da Teheran.

«Ogni momento che passa il regime sta portando voi, il nobile popolo persiano, più vicino all’abisso, e la stragrande maggioranza degli iraniani sa che al loro regime non importa nulla di loro», ha scritto il premier israeliano nei giorni scorsi. Nella giovane dissidenza il commento a queste parole va dalla derisione all’insulto. Pochi credono alla buona fede del capo israeliano. «Parla come un tizio che si preoccupa dei suoi dirimpettai, ma poi continua ad uccidere quelli che abitano sullo stesso pianerottolo», commenta una ragazza che si fa chiamare “Nada”. La logica secondo cui «il nemico del mio nemico è mio amico», anche per le questioni iraniane è come cibo a breve scadenza.

Se davvero a Israele sta a cuore la sorte degli iraniani, «non dovrebbe eseguire una reazione che danneggi la gente», scrive un altro studente: «Dovrebbero colpire solo i Pasdaran e le basi militari. Come pensa Netanyahu di ottenere la nostra considerazione se poi promette di lasciarci senza energia e anche senza casa come fa in Libano?».

Anche ieri diverse fonti iraniane hanno confermato di aspettarsi un attacco iminente, dopo che Teheran ha lanciato duecento missili balistici contro il territorio israeliano, in rappresaglia per l’assassinio del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, del leader di Hamas Ismail Haniyeh e di un comandante delle Guardie rivoluzionarie, Abbas Nilforoushan.

In rete circolano le immagini di una manifestazione di dissenso pubblica. Numerose persone, contrarie alla “vendetta” degli ayatollah contro Israele, si sono affacciate alle finestre delle loro case gridando slogan contro la guerra e la Guida suprema Ali Khamenei. In fretta, altri manifestanti filogovernativi hanno inscenato raduni nelle strade per celebrare gli attacchi, sventolando i simboli gialloverdi di Hezbollah e la bandiera tricolore dell’Iran.

«Da martedì la mia famiglia e io siamo molto spaventati. Ci aspettiamo una rappresaglia da parte di Israele e degli Stati Uniti. L’hanno già annunciata. Credo che vendicare l’assassinio di alti esponenti libanesi e palestinesi non sia affar nostro e il governo dovrebbe smetterla di mettere a repentaglio la nostra sicurezza », afferma Maliheh, un’insegnante di 48 anni rintracciata dall’agenzia Ansa. E Farshad, studente universitario di 25 anni, segnala i «pochi messaggi sui social media dall’estero in cui sostenitori di Hezbollah e dei movimenti palestinesi esprimono soddisfazione per la mossa militare dell’Iran contro Israele». E questo, aggiunge, «è ridicolo, perché gli iraniani sono gli unici a soffrirne le conseguenze e a perdere miliardi di dollari per una mossa del genere, mentre molti qui vivono in povertà».