Taiwan verso il voto. Urne già incandescenti, naufragata l'alleanza pro-Pechino
Ko Wen-Je, leader del Partito popolare
“Il matrimonio è finito prima ancora di iniziare”, ha ironizzato la Bbc. A pochi giorni dall’annuncio dello scorso 15 novembre – il giorno in cui il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi Jinping si incontravano a San Francisco -, l’alleanza pro-Pechino tra i due principali partiti d'opposizione di Taiwan, il Kuomintang e il Partito popolare sembra già naufragata. Il clima politico nell’isola (e attorno all’isola) è già incandescente: con la pressione militare dell’ingombrante vicino sempre più incalzante, gli scenari internazionali sempre più inquietanti, il voto del prossimo 13 gennaio minaccia di essere uno spartiacque decisivo nella storia dell’"isola ribelle".
Kuomintang e Partito popolare, che hanno promesso di far ripartire il dialogo con Pechino "su base paritaria e dignitosa" e di "ripristinare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan", avevano accettato di varare un ticket presidenziale tra i loro due attuali candidati: Hou Yu-ih (Kmt), sindaco di New Taipei ed ex capo della polizia, e Ko Wen-je (Tpp), ex sindaco di Taipei ed ex chirurgo diventato dieci anni fa un politico popolare per le posizioni contro l'establishment. Con il primo - a sorpresa - in corsa come “numero due” del più controverso Ko. Dall’altra parte della barricata c’è il Partito democratico progressista del presidente Tsai Ing-wen che correrà con l'attuale vicepresidente, William Lai Ching-te. il Partito democratico progressista, sempre più vicino agli Usa, ha fatto sua l’arma della “retorica” dell’indipendenza dalla Cina. Per Lai Ching-te “il popolo di Taiwan dovrà scegliere nelle elezioni del prossimo anno se l'isola continuerà ad avanzare sulla strada verso la democrazia o "precipitare nell'abbraccio della Cina".
Cosa ha rotto il patto tra le forze dell’opposizione in tempi record? Come spiega Asia Times, a incrinare l’alleanza sono stati i sondaggi realizzati nell’isola che evidenziano al momento un gradimento più alto del candidato alla vice presidenza rispetto a quello della presidenza. Rovesciando così (per ora) l’equilibrio su cui si basava l’accordo elettorale.
Il missile supersonico Hsiung Feng III in dotazione all'esercito di Taiwan - Ansa
L'ingombrante vicino
La corsa elettorale si inserisce nella più ampia partita geopolitica. Segnata dai toni sempre più assertivi della Cina che considera Taiwan parte integrante del suo territorio nazionale e mira a sanare la ferita dell’amputazione. E se un sondaggio della National Chengchi University nel 2022, certificava che quasi il 61% dei residenti dell’isola si considera esclusivamente taiwanese, Pechino la vede in tutt'altro modo. Il generale Zhang Youxia, numero due della Commissione militare centrale (Cmc) cinese, il massimo organo delle forze armate con a capo il presidente Xi Jinping, ha recentemente ribadito che «i militari cinesi non permetteranno mai l'indipendenza di Taiwan». Gli Stati Uniti sono da tempo un attore interessato della crisi. Non solo. Come ha sottolineato la Bbc, c’è stato un cambiamento del paradigma. Joe Biden ha recentemente firmato una sovvenzione di 80 milioni di dollari a Taiwan per l’acquisto di attrezzature militari americane. Un tassello di una strategia ben più ampia. Taiwan ha già ordinato armi statunitensi per un valore di oltre 14 miliardi di dollari. «Gli 80 milioni di dollari non sono un prestito. Ma arriva direttamente dai contribuenti americani. Per la prima volta in più di 40 anni, l’America sta utilizzando il proprio denaro per inviare armi in un luogo che ufficialmente non riconosce.
L'attuale vice presidente di Taiwan e candidato per il Partito progressista, Lai Ching-te - Reuters
L'incognita economia
Non solo gli scenari internazionali. A pesare nella partita del voto ci sarà anche il fattore “economia”. Taipei ha previsto una crescita per l’anno pari solo all’1,6%, in calo di quasi un punto percentuale rispetto al 2022. “Secondo Hou e Ko, migliori relazioni con la terraferma potrebbero aiutare a rilanciare l’economia stagnante”.
L’economia di Taiwan continua a dipendere dal commercio con la Cina, il principale partner commerciale dell’isola. Nel 2021, il valore del commercio attraverso lo Stretto è stato pari a 273,06 miliardi di dollari. Una relazione a due sensi. Oggi Taiwan è uno dei maggiori investitori in Cina. Tra il 1991 e la fine di dicembre 2021, gli investimenti approvati in Cina si sono aggrumati attorno a 44.823 progetti, raggiungendo un totale di 198,28 miliardi di dollari.
Tuttavia ci sono segnali che testimoniano come i legami economici tra Taiwan e Cina abbiano iniziato a "disaccoppiarsi". Secondo la Commissione per gli investimenti di Taiwan, gli investimenti realizzati da Taipei in Cina sono crollati da 9 miliardi di dollari nel 2017 a soli 1,7 miliardi di dollari nel 2022. Di conseguenza, "l’importanza della Cina nel totale degli investimenti diretti esteri di Taiwan è diminuita, mentre il peso di altri Paesi è aumentato".