Asia. Aerei, navi, provocazioni: lo spettro della guerra tra Cina e Taiwan
Aerei militari dell'Esercito taiwanese
L’ultima “punzecchiatura” è arrivata dal generale Zhang Youxia, numero due della Commissione militare centrale (Cmc) cinese, il massimo organo delle forze armate con a capo il presidente Xi Jinping. «I militari cinesi non permetteranno mai l'indipendenza di Taiwan». E ancora: «Il principio della “Unica Cina” è universalmente riconosciuto e rispettato». Ma non solo parole. Le forze armate cinesi continuano a “monitorare” da vicino l’“isola ribelle”, in una “vicinanza” che suona sempre più minacciosa. Mercoledì scorso 43 aerei e 7 navi da guerra cinesi sono stati registrati intorno all'isola. Tra gli aerei individuati, 37 (tra cui sei Su-30 e sedici J-16) hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan e sono entrati nella zona di identificazione di difesa aerea (Adiz) a sudovest e a sudest dell'isola. Come ha scritto il New York Times, «per mezzo secolo, gli Stati Uniti hanno evitato la guerra con la Cina per Taiwan, in gran parte attraverso un delicato equilibrio tra deterrenza e rassicurazione. Ora questo equilibrio è andato in frantumi». È un tassello di quella che papa Francesco ha, a più riprese, chiamato la “Terza guerra mondiale a pezzi”, il più inquietante e scabroso perché chiama in causa le due superpotenze.
L’impegno degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono da tempo un attore interessato della crisi. Non solo. Come ha sottolineato la Bbc, c’è stato un cambiamento del paradigma. Joe Biden ha recentemente firmato una sovvenzione di 80 milioni di dollari a Taiwan per l’acquisto di attrezzature militari americane. Un tassello di una strategia ben più ampia. Taiwan ha già ordinato armi statunitensi per un valore di oltre 14 miliardi di dollari. «Gli 80 milioni di dollari non sono un prestito – annota la Bbc -. Ma arriva direttamente dai contribuenti americani. Per la prima volta in più di 40 anni, l’America sta utilizzando il proprio denaro per inviare armi in un luogo che ufficialmente non riconosce. Ciò sta accadendo nell’ambito di un programma chiamato Foreign Military Finance (FMF), lo stesso che dall'inizio dell'invasione russa ha consentito di inviare 4 miliardi di aiuti militari a Kiev, dopo essere stato utilizzato in passato per l'Afghanistan, l'Iraq, Israele e altri Paesi”. Un impegno che si cala in una ambiguità impossibile da risolevere.
Dopo che nel 1979 gli Stati Uniti trasferirono il riconoscimento diplomatico da Taiwan alla Cina, hanno continuato ad armare l’isola, secondo i termini del Taiwan Relations Act. La strategia? Vendere armi sufficienti affinché Taiwan potesse difendersi da un possibile attacco cinese, garantendo una sorta di bilanciamento strategico tra le due parti, senza però spingersi fino a destabilizzare le relazioni tra Washington e Pechino. “Per decenni, gli Stati Uniti hanno fatto affidamento su questa ambiguità strategica per fare affari con la Cina, pur rimanendo il più fedele alleato di Taiwan. Ma nell’ultimo decennio l’equilibrio militare nello Stretto di Taiwan si è drammaticamente inclinato a favore della Cina. La vecchia formula non funziona più. Washington insiste che la sua politica non è cambiata ma, in modi cruciali, lo ha fatto”.
Il presidente cinese Xi Jiping - Ansa
I (solidi) rapporti economici
È possibile disinnescare la crisi? Evitare lo spettro di un nuovo conflitto? I rapporti tra l’isola ribelle e Pechino sono in realtà, nonostante le tensioni politiche e i duelli militari, solidi. L’economia di Taiwan continua a dipendere dal commercio con la Cina, che è il principale partner commerciale dell’isola. Nel 2021, il valore del commercio attraverso lo Stretto è stato di 273,06 miliardi di dollari. Una relazione a due sensi. Oggi Taiwan è uno dei maggiori investitori in Cina. Tra il 1991 e la fine di dicembre 2021, gli investimenti approvati in Cina si sono aggrumati attorno a 44.823 progetti, raggiungendo un totale di 198,28 miliardi di dollari.
Una nave dell'esercito cinese - Ansa
Il valore strategico di Taiwan
Taiwan gode di una sorta di protezione: è, come lo hanno battezzato gli analisti, «lo scudo di silicio». Taipei vanta infatti una posizione privilegiata: è leader mondiale nella produzione di semiconduttori. I micro-chip che muovono le macchine più avanzate e sofisticate al mondo, dagli iPhone di Apple fino agli aerei da combattimento F-35, arrivano dall’isola ribelle.
Oggi Taiwan è il principale produttore di chip semiconduttori al mondo e il suo settore è in forte espansione. Le aziende di Taiwan sono stati responsabili di oltre il 60% dei ricavi generati dai produttori mondiali di semiconduttori nel 2022. La sola Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. ha coperto, nel 2020, il 54% della produzione mondiale. L’importanza strategica di Taipei dal punto di vista economico è, poi, sottolineato da un dato: nel 2020 Taiwan è stata il nono partner commerciale degli Stati Uniti (l’Ucraina si è classificata al 67° posto nel 2019).
Il fattore demografico
C’è, infine, l’ultimo fattore che sembra scongiurare le previsioni più funeste. È quello demografico. Taiwan ha oggi 23 milioni di abitanti. E anche uno dei tassi di crescita demografici più bassi al mondo. «Il rapido invecchiamento della popolazione è diventato un problema demografico urgente a Taiwan a partire dagli anni ’90 a causa della trasformazione industriale, della pianificazione familiare e dell’urbanizzazione negli anni ’70 e ’80. L’invecchiamento della popolazione tende a comportare una riduzione del capitale umano e una minore crescita economica. La percentuale della popolazione di età pari o superiore a 65 anni era del 13,2% nel 2016, mentre si prevede che la cifra salirà al 19,8% entro il 2025. Si stima che la popolazione totale di Taiwan registrerà un tasso di crescita negativo entro il 2025». Il rapporto con la straripante forza demografica della madrepatria – anche questa interessata dalla crisi demografica – è tutto sbilanciato a favore di quest’ultima. L’annessione di Taiwan potrebbe così avvenire in maniera “morbida”.