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Myanmar. Dopo tre anni Suu Kyi rompe il silenzio con una lettera dal carcere

Luca Miele venerdì 2 febbraio 2024

Una manifestazione a favore della leader birmana a Bangkok

Aung San Suu Kyi scrive. Rompe il silenzio. Una manciata di parole, rassicuranti. Buca, dopo tre anni, il segreto colloso, preoccupante che ha avvolto la sua vita. La 78enne ex leader birmana deposta e imprigionata dai militari dopo il colpo di stato nel 2021 ha testimoniato, con una lettera al figlio, Kim Aris di «star bene», nonostante alcuni problemi di salute che la affliggono. A darne notizia è stato il figlio stesso, che vive nel Regno Unito, alla rete australiana Sky News: nella lettera, scritta a mano, Suu Kyi - in isolamento in una prigione di Naypyitaw - cerca di rassicurare sulle sue condizioni.

«Con la lettera, mia madre esprime il suo affetto per la famiglia, assicurandoci di stare bene. Il suo spirito è forte, anche se la sua salute non è buona come in passato» ha assicurato Aris, 47 anni. Alla fine dell'anno scorso, Aris aveva confessato di essere «estremamente preoccupato» per la salute di sua madre, raccontando delle sue difficoltà a mangiare. Nonostante questo, le fu rifiutato il permesso di vedere un medico esterno.

La 78enne premio Nobel, al centro di una lunghissima persecuzione giudiziaria e politica, è stata condannata a 27 anni di carcere per crimini che vanno dal tradimento e corruzione alle violazioni della legge sulle telecomunicazioni, accuse che lei ha sempre negato.

Aung San Suu Kyi nel novembre del 2019 - REUTERS


Lo stato di emergenza e la guerra infinita

A tre anni dal colpo di stato - avvenuto pochi mesi dopo la schiacciante vittoria elettorale della Lega nazionale per la democrazia (NLD) con Suu Kyi che aveva pianificato di modificare la Costituzione per escludere i militari dall’arena politica - l’esercito del Myanmar si trova ad affrontare quella che è considerata la più grande sfida al suo potere. Mercoledì scorso la giunta militare ha prolungato lo stato d'emergenza di altri sei mesi, rinviando ancora una volta le elezioni. Il capo della giunta Min Aung Hlaing ha ritenuto necessario estendere lo stato di emergenza, decretato nel febbraio 2021, per intraprendere i compiti necessari «per portare la nazione a un normale stato di stabilità e pace».

La giunta ha schierato artiglieria pesante e aerei da combattimento per cercare di sconfiggere le milizie alleate con il governo ombra e gli eserciti delle minoranze etniche, molti dei quali hanno lanciato un’offensiva coordinata in ottobre che ha preso in contropiede i militari e ha offuscato la loro credibilità militare. Secondo le Nazioni Unite, circa 2,3 milioni di persone sono state sfollate, mentre gli sforzi dei vicini del Sud-est asiatico del Myanmar per avviare il dialogo non hanno ottenuto progressi, con la giunta che si è rifiutata di negoziare con quelli che definisce “terroristi”.

«La tenuta del potere da parte dei militari è più traballante ora che in qualsiasi altro momento degli ultimi 60 anni», ha detto alla Reuters Richard Horsey, consigliere senior del Myanmar presso Crisis Group. «Ma sembra determinato a continuare a combattere, grazie a un'enorme capacità di fuoco con le quali attacca la popolazioni civile e le infrastrutture nelle aree che ha perso, utilizzando la forza aerea e l'artiglieria a lungo raggio». Secondo il medico birmano e attivista pro-democrazia Tayzar San, figura di spicco nella "Rivoluzione di primavera" del Myanmar, «per anni l’esercito ha represso i suoi oppositori ricorrendo ai modi più brutali. Ma le persone non si sono arrese, né si sono fatte paralizzare dalla paura. Ecco perché stiamo conducendo questa rivoluzione. Perché crediamo pienamente nelle persone».

«Il regime militare – ha detto ancora l'attivista - costringe le persone a lasciare le proprie case per far sembrare le città e i villaggi occupati, e ordina ai propri sostenitori di fare lo stesso. Questi sono i loro metodi. Ma non si rendono conto che quanto più opprimono le persone, tanto più forte sarà la resistenza popolare. Più cercano di governare con paura, più le persone diventano consapevoli. Per questo la rivoluzione non si fermerà».