La storia. Messico, la suora italiana che salva i bimbi
Suor Elisabetta con una famiglia che vive nelle grotte
Un gruppetto di bambini arriva al cancello dell’asilo accompagnato dalle mamme a San Marcos
Jilotzingo, un paesone in mezzo ai campi a due ore da Città del Messico. Hanno scarpe vecchie e uno zaino di seconda o terza mano. “Ieri giocavano in strada, con il rischio di essere avvicinati da venditori di droga o da qualche banda di teppisti. Cerchiamo di allontanarli da questi pericoli, ma anche dare un’istruzione, unica difesa alla corruzione che possa aiutarli davvero”.
Suor Elisabetta Petruzzella, energica religiosa in Messico dal 1999, apre le porte dell’asilo, una costruzione dignitosa e pulita tra strade piene di fossi e casupole con le mura logore. Questa suora quarantenne arrivata dalla Sicilia con le Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, lavora alla missione per l’infanzia abbandonata. “Qui la povertà è tanta. Spesso la gente, non avendo luce, di notte viene a chiederci delle candele. Quando anche il freddo dell’inverno si fa sentire, hanno bisogno di coperte e vestiti caldi, per questo abbiamo cercato un aiuto, sia in Italia che in Messico. L’aiuto è arrivato da parte di Marilena Moneta, una milanese sposata in Messico e qui da tanti anni con la sua famiglia. L’incontro del tutto casuale tra le due donne, fa scaturire un sodalizio importante.
La suora siciliana e l’ex manager lombarda, discendente del premio Nobel per la pace Ernesto Moneta, iniziano a collaborare. Ogni mese Marilena prende il fuoristrada, indispensabile per le disastrate strade messicane, e porta quaderni, penne e giochi a San Marcos. Dal terreno comprato dalle suore, nasce l’asilo per i bambini che conosceranno una realtà diversa dalla vita in strada. A Città del Messico Marilena, fa un lavoro di squadra, riunisce amici e conoscenti per spiegare le esigenze della comunità francescana. Il passaparola tra gli italiani in Messico e il Web (elisabettapetr@libero.it) generano un effetto positivo. Anche le suore non stanno con le mani in mano. Da brave meridionali fanno il limoncello che vendono in varie manifestazioni, dagli incontri all’Istituto di Cultura italiano alle fiere di beneficenza.
“La povertà costringe delle famiglie a vivere nelle baraccopoli, alcune anche nelle grotte”, spiega suor Elisabetta. Grazie a Marilena è nato un dispensario. Spesso visitano gli ultimi, ragazze madri che cercano di mantenere i figli avuti da uomini che non vedranno più. “Ci piace far uscire i bambini da questi ghetti – racconta Marilena – fargli vedere che il mondo è anche altro, magari un bel campo di calcio, ecco perché vorremmo creare una squadra di football”.