Medio Oriente. A Gaza, nella scuola distrutta di suor Nabila: «Qui si muore di fame»
Suor Nabila tra le macerie della sua scuola
L’ingresso della scuola prima della guerra - Rosary Sister School - Gaza
L’ingresso della scuola come appare adesso - Rosary Sister School - Gaza
Nel Nord le spedizioni con i beni di prima necessità sono un miraggio, ma l’esercito israeliano continua a insistere perché anche i 630 rifugiati tra le macerie della scuola cattolica, intraprendano a piedi i 30 chilometri più pericolosi del mondo. «La guerra è una pazzia, e quello che ci chiedono di fare è una pazzia», dice suor Nabila che riusciamo a contattare per pochi minuti al giorno, a volte di notte, tra frasi interrotte, raffiche in lontananza, e lei che non si spazientisce e vuole far sapere. Perché suor Nabila Saleh, preside di una scuola che aveva oltre 1200 alunni e in buona parte musulmani, non può cedere alla paura e spaventare ancor di più le famiglie che guardano a lei per non perdere ogni residua speranza. Abbiamo trovato un modo per comunicare, notte e giorno, appena la connessione lo consente. Pochi secondi, e arriva una testimonianza, o un breve filmato, qualche foto. Mostrano com’era la scuola prima del 7 ottobre, e come lentamente ma inesorabilmente viene bersagliata quasi ogni giorno.
Una classe nei giorni precedenti al conflitto - Rosary Sister School - Gaza
Come appare oggi una delle aule della scuola superiore - Rosary Sister School - Gaza
Una delle aule per bambini piccoli distrutta dalle esplosioni - Rosary Sister School - Gaza
Da Gerusalemme dicono di avere avuto un occhio di riguardo per le strutture religiose. «Era la scuola più bella di tutta Gaza, ce lo dicevano tutti», ricorda suor Nabila con quell’orgoglio che viene da anni di sacrifici, donazioni, progetti da realizzare. Ogni giorno centinaia di alunni, le loro famiglie, i centri studi, la biblioteca più apprezzata, le aule più confortevoli, gli spazi comuni più ordinati. La bellezza come cura e come promessa: «Per tornare come prima ci vorranno almeno dieci anni», ammette con sconforto la religiosa. Si farà prima a demolire, radere al suolo, completando l’opera dei guastatori. E poi ricominciare daccapo. Perché da salvare c’è poco, e da restaurare ormai nulla.
Nelle comunicazioni ufficiali delle autorità israeliane si fa generico riferimento alla «parrocchia di Gaza», dove il 17 dicembre due catechiste sono state uccise dai cecchini dell’esercito occupante. Parrocchia che sempre secondo i militari sarebbe stata salvaguardata dai combattimenti più pesanti. Ma a meno di 3 chilometri, sempre a Gaza City, si trova però la scuola delle Suore del Rosario, costruita su un terreno donato dall’allora presidente palestinese Arafat, in segno di riconoscenza dopo che aveva inviato la figlia a studiare dalla suore, e avrebbe voluto che il maggior numero possibile di bambini palestinesi potesse beneficiare del modello educativo delle scuole di ispirazione cattolica. Un modo anche per dissinnescare i fanatismi e tenere alla larga dai fondamentalisti i più giovani. La vera lotta ad Hamas fatta ogni giorno con l’educazione.La contabilità ufficiale dei lutti omette la maggioranza degli altri morti in luoghi della comunità cristiana. I bombardamenti deliberati contro l’Istituto nei primi giorni di guerra hanno fatto 25 morti e numerosi feriti. «Abbiamo tra di noi persone che hanno ancora le schegge in corpo. Le curiamo come possiamo - racconta suor Nabila - ma le ambulanze non possono arrivare, gli ospedali sono stati distrutti, e non sappiamo dove portarli». Qualche giorno fa sono stati lanciati da un aereo israeliano su quella che era la piazza della scuola e ora è nient’altro che un ammasso di macerie e ferraglia, alcuni lotti di medicinali per cure d’emergenza.
“Hamas è responsabile. Voi nel pagate le conseguenze” - Rosary Sister School - Gaza
La verità l’ha scritta un soldato israeliano durante una delle irruzioni nell’istituto religioso, cercando gli jihadisti che lì non hanno mai messo piede. I commando se ne sono andati a mani vuote. Poi sono arrivate altre bombe. Prima, però, uno dei militari ha preso da terra un pennarello scuro, di quelli usati per scrivere sulle lavagne. Ha voluto dire la sua in inglese, su una parete: «Hamas is responsible. You pay the price!». La guerra di Gaza spiegata in sei parole: «Hamas è responsabile. Pagate le conseguenze!».