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Ucraina. Sul treno dove si cura lo stress da guerra

Francesca Ghirardelli venerdì 31 marzo 2023

Gli psicologi volontari della Ong Proliska offrono supporto ai civili provenienti dalle prime linee nella cittadina di Pokrovsk nei vagoni di un treno fermo nella stazione locale

Sono spaventati perfino dal silenzio e dalla quiete, e restano con l’orecchio teso ad aspettare l’ennesima esplosione, senza più riuscire ad addormentarsi se il boato non arriva. Gli ultimi sfollati giunti da Bakhmut e Chasiv Yar, dal fronte più feroce del conflitto ucraino, faticano a dormire nelle località di prima evacuazione, dove il rombo della guerra è meno frequente e di minore intensità. «Abituati a scandire le loro vite tenendo il conto dei bombardamenti, se odono un colpo in lontananza, ne aspettano molti altri a seguire. E nell’attesa non riescono più a prendere sonno».

Lo riferiscono gli psicologi della Ong ucraina Proliska che offre supporto emotivo d’emergenza ai civili provenienti dalle prime linee, quando questi arrivano nella cittadina di Pokrovsk, ottanta chilometri da Bakhmut, tappa intermedia per chi è diretto a Dnipro. Le sessioni psicologiche di gruppo e i colloqui individuali proposti dalla Ong, con il supporto di Unhcr/Acnur, si svolgono negli scompartimenti di un treno fermo nella stazione locale. È un convoglio che non viaggia più, equipaggiato per accogliere al caldo chi vuole riposarsi prima di proseguire verso ovest.

Da Bakhmut chi era in grado di fuggire lo ha già fatto da tempo. «Chi invece finora è rimasto in città è ormai sfinito per le dure condizioni di sopravvivenza, e spesso si trova senza più risorse psicologiche che gli permettano di prendere la decisione di andare via», spiega in videochiamata Olha Klymovska, psicologa e coordinatrice degli operatori di Proliska. «C’è chi è così privo di energie da convincersi che ovunque ci sia pericolo, che nessun luogo in Ucraina sia sicuro, e dunque tanto vale restare a casa propria. Così queste persone siedono in cantina e dipendono per cibo e acqua dalle distribuzioni dei volontari. Spesso sono confuse, perdono il senso della realtà». Olha Klymovska racconta di condizioni generalizzate di stress acuto tra i nuovi evacuati, ma anche di alte percentuali di depressione, il 40% del totale, tra i civili sfollati all’inizio della guerra, un anno fa. «Per questo è importante fornire subito supporto psicologico di base, stabilizzare lo stato emotivo, dare informazioni su sintomi e reazioni naturali allo stress, insegnare a gestire le crisi di ansia». Con i bambini, l’aiuto viene dal gioco e dal disegno.

La psicologa ci invia qualche passaggio di un report interno compilato dai suoi colleghi a bordo del treno-rifugio di Pokrovsk. Si descrivono i casi di due minori di Bakhmut, tra i 7 e i 10 anni. «Quando inizia a parlare, Matviy balbetta. Cominciamo a disegnare, così per lui è più facile (esprimersi). I disegni sono dettagliati, mostra come si nascondeva in cantina, dove si trovava la scala a pioli che serviva per scendere nello scantinato, dov’era il materasso su cui sedeva con la nonna.

È tormentato da incubi e insonnia, manca di attenzione ed è in uno stato di eccitazione e ansia ». Della giovanissima Khristina nel report viene invece riferito: «Era l'unica bambina rimasta nella sua strada. Se n'è andata con la sua famiglia dopo due mesi e mezzo passati in cantina, senza uscire. All’interno la luce era fioca. Dai volontari aspettava che portassero candele, alimenti e acqua. Ora mangia di gusto, beve molto e si gode la luce sia fuori che dentro casa». Ma, rileva chi ha seguito il caso, «Khristina parla durante il sonno, di notte. È diventata più riservata, si avvicina agli altri bambini con apprensione».