Africa. Sudan, gli scontri bloccano anche l'inclusione sociale
Gli scontri in corso in Sudan tra gli uomini dell’esercito del generale al-Burhan e le milizie del generale Dagalo rischiano di far deragliare anche gli interventi di sviluppo a favore della popolazione locale. Tra questi, le iniziative di microfinanza che puntano a offrire speranza a gruppi di donne, contadini, piccoli produttori. “A Khartum abbiamo dovuto sospendere i nostri interventi e la nostra sede è stata anche occupata dai paramilitari. Fortunatamente negli altri tre Stati in cui siamo impegnati, Red Sea, Kassara e Gedaref, le attività vanno per ora vanti, visto che queste zone non sono toccate ancora dalle violenze”, sottolinea Giampietro Pizzo, economista e presidente di Microfinanza, società che lavora proprio sul fronte dell’inclusione finanziaria “dal basso” in diversi contesti del Sud del mondo.
Antonella Calarco
“Siamo in Sudan dal 2018 con l’obiettivo di migliorare il sistema del credito e creare servizi a livello di prossimità – aggiunge Pizzo -. Il Sudan ha un potenziale dal punto di vista economico, agricolo, di pesca e nel piccolo commercio. Con i nostri interventi cerchiamo di far vivere meglio le persone, con progetti che hanno rilevanza anche su aspetti sociali come la salute. Aiutiamo ad esempio gruppi di risparmio costituiti da donne, ma anche piccole cooperative o piccole banche. Ci occupiamo sia della formazione sia della messa a disposizione di capitali di credito: ciò consente di fare leva sul risparmio dei beneficiari, e quindi di potenziare la loro capacità di finanziare piccole attività agricole o di altro tipo. Con i proventi, i beneficiari riescono così anche ad esempio ad acquistare farmaci, in un sistema che non ha un vero e proprio welfare”.
Antonella Calarco
Francesco Tuffi, project manager del team Sudan di Microfinanza, ha appena fatto ritorno dal Paese africano. “Se a Khartum si combatte, anche in altri contesti c’è comunque un aumentato rischio sicurezza e di aumento dei prezzi – spiega -. Per un anno con la nostra squadra abbiamo analizzato i bisogni delle popolazioni locali e l’ecosistema finanziario, con il tipo di servizi offerti e i loro beneficiari. Abbiamo quindi disegnato degli interventi e microprogetti da far implementare e gestire a realtà locali qualificate, interventi che vedono ad esempio coinvolti gruppi di donne, associazioni, cooperative agricole, formazione per piccoli imprenditori e che per ora, tranne che a Khartum, vanno avanti.
Tuffi osserva che “dagli anni Cinquanta in poi in Sudan si sono succeduti regimi, dittature, scontri, ma nonostante ciò i sudanesi restano un popolo molto resiliente, con una forza propulsiva verso il futuro e una grande voglia di rilanciarsi e di mettersi in gioco e di confrontarsi con sfide nuove. Le piccole imprenditrici sono piene di idee, per questo stiamo cercando in ogni modo di continuare a fornire loro il nostro sostegno per quanto è possibile. Sarà dura voltare pagina rispetto alle attuali violenze, ma se il supporto delle organizzazioni internazionali continuerà la popolazione potrà farcela”.
Tra gli obiettivi di Microfinanza, quello di mettersi a disposizione sul fronte del “cash transfer”, gli aiuti in denaro a favore delle decine di migliaia di sfollati interni causati dagli scontri. “Su questo fronte abbiamo già lavorato in altri Paesi come Uganda, Giordania e Libano – spiega il presidente Pizzo -. La situazione degli sfollati rischia di diventare catastrofica dal punto di vista umanitario. Ci stiamo coordinando già con la cooperazione italiana, cercando di capire l’evolversi della situazione appena i programmi di emergenza, tra cui quelli dell’Ue, saranno definiti”.