«È un diritto che ci siamo conquistati con grande fatica. Per questo è giusto che soprattutto i giovani, quelli che votano per la prima volta, vengano numerosi: si tratta del loro futuro». Phil, 75 anni, ha appena votato al seggio del Civic center di Città del Capo. Sa, però, che sarà la generazione dei “nati liberi” a poter determinare questa volta la misura della vittoria dell’African national congress (Anc), il partito che fu di Nelson Mandela. Giovani come l’emozionata 19enne Tish. «Tocca a noi ora – dice –. Sono cresciuta in una famiglia di attivisti, durante l’apartheid mio padre è stato anche in esilio in Australia. Ho votato Anc, perché lì sono le mie radici. Ma la prossima volta sarò pronta a cambiare se i risultati non arriveranno». Sono tanti i ragazzi che si presentano al seggio con il baschetto rosso diventato il simbolo di un nuovo partito, Economic freedom fighters (Eff), guidato dal 33enne populista Julius Malema. «Vogliamo che le banche e le miniere vengano nazionalizzate e che si ridistribuiscano le terre favorendo di più i neri – spiega il 21enne Moses –. Basta con l’Anc, ha fallito». Ieri il Sudafrica è tornato alle urne per la quinta volta dall’avvento della democrazia per le legislative e le provinciali. Gli iscritti al voto, andato avanti fino alle 21, erano 26 milioni. L’Anc supererà probabilmente anche stavolta il 60 per cento, ma il dato dell’affluenza e il voto dei giovani e degli scontenti per la situazione economica potrebbe influire sulla dimensione del successo, indebolendo il presidente Jacob Zuma. «I risultati saranno ottimi», ha assicurato quest’ultimo dopo aver votato in una scuola a Nkandla ed essere stato accolto in maniera entusiasta dai sostenitori, che ne hanno approfittato per tempestarlo di fotografie. Nei giorni scorsi, Zuma ha giustificato la faraonica ristrutturazione della sua villa nella zona, per una spesa di 23 milioni di dollari di fondi pubblici, con la necessità di avere maggiore sicurezza dopo lo stupro subito da una delle sue quattro mogli. La violenza, però, risale a più di 15 anni fa.La principale rivale, la leader della Democratic Alliance (Da), Helen Zille, ha votato a Città del Capo, metropoli di cui è stata sindaco prima di vincere la corsa a premier della provincia del Western Cape. Provincia che anche questa volta la Da dovrebbe riuscire a mantenere, mentre l’Anc, nonostante le difficoltà, dovrebbe non lasciarsi sfuggire quella del Gauteng, che ospita Johannesburg e la capitale Pretoria. «Qui nel Western Cape la Da ha governato molto bene – ci tiene a sottolineare Elizabeth, 20 anni –. Non capisco perché i neri, nemmeno i miei coetanei, la prendano in considerazione, veniamo sempre considerati il partito dei bianchi. Zille ha lottato contro l’apartheid, siamo liberali e prima o poi deve esserci data una chance». I risultati definitivi delle elezioni non dovrebbero essere resi noti prima di sabato, ma già oggi potrebbe emergere una chiara indicazione sugli esiti della consultazione. L’insediamento del nuovo Parlamento – che procederà alla elezione del presidente – è previsto per il 24 maggio, a vent’anni esatti dal giuramento del primo presidente nero, Nelson Mandela. La giornata elettorale è trascorsa in maniera abbastanza tranquilla, dopo qualche tensione alla vigilia. Martedì notte, infatti, l’area di Bekkersdal, una township a ovest di Johannesburg abitata da 50mila persone, è stata presidiata dalle forze dell’ordine dopo che gruppi di giovani avevano dato alle fiamme tre seggi elettorali per poi fuggire. Il malcontento generale, tuttavia, è palpabile in tutto il Paese, dalle zone rurali – dove gli investimenti sono rallentati – alle regioni minerarie, in preda a uno sciopero prolungato da gennaio.La disoccupazione riguarda ormai una persona su quattro e solo i benefit governativi consentono ormai a milioni di persone di tirare avanti. L’economia, però, quest’anno non dovrebbe crescere più del 2 per cento, nonostante l’ottimismo di Zuma che ha promesso, durante il suo nuovo mandato presidenziale, la creazione di cinque milioni di posti di lavoro.