In Vaticano. Sud Sudan, i due leader rivali in ritiro spirituale per la riconciliazione
Il presidente sudsudanese Salva Kiir (al centro con il cappello) e il suo ex vice Riek Machar (a destra) durante gli incontri ad Addis Abeba degli scorsi mesi (Ansa)
La speranza è che si sia davvero a una svolta per uno dei conflitti che hanno maggiormente insanguinato negli ultimi anni il cuore dell’Africa. Il Sud Sudan, il Paese più giovane del mondo con i suoi sette anni e mezzo di vita, assiste finalmente ad un momento di speranza. Il presidente Salva Kiir e il suo rivale ed ex vicepresidente Riek Machar prenderanno parte infatti da domani in Vaticano ad un ritiro spirituale assumendosi, secondo il direttore “ad interim” della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, “l'impegno comune per la pace". Papa Francesco ha infatti approvato la proposta presentata dall'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, di organizzare un ritiro spirituale per le massime autorità civile ed ecclesiastiche del Sud Sudan presso la Domus Santa Marta.
L’obiettivo, secondo Gisotti, è di “offrire, da parte della Chiesa, un'occasione proficua per la riflessione e la preghiera, nonché per l'incontro e la riconciliazione, in uno spirito di rispetto e di fiducia, a coloro che in questo momento hanno la missione e la responsabilità di lavorare per un futuro di pace e di prosperità del popolo sud sudanese”. Il momento conclusivo del ritiro, nel pomeriggio di giovedì, vedrà l’intervento di Papa Francesco, che pronuncerà il suo discorso.
Oltre a Salva Kiir e a Machar, per anni in conflitto, prenderanno parte al ritiro anche altri tre vicepresidenti designati (James Wani Igga,Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng De Mabior) oltre a otto membri del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan. I predicatori del ritiro saranno monsignor John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu (Uganda), e padre Agbonkhianmeghe Orobator, presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori dell'Africa e Madagascar. Ai partecipanti al ritiro sarà consegnata una Bibbia firmata da papa Francesco, da Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, e da padre John Chalmers, già moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia, con il messaggio “Ricerca ciò che unisce. Supera ciò che divide”. "Ai leader del Sud Sudan, i quali prenderanno impegno comune per la pace, verrà impartita la benedizione", fa sapere Gisotti.
Nel caso di Machar, che da tempo si trova agli arresti domiciliari a Khartum, il viaggio è stato autorizzato da parte dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), un organismo regionale. Rafforzare la fiducia tra i leader del Paese dopo anni di conflitto intercomunitario è fondamentale. Per il prossimo 12 maggio è prevista la formazione di un governo di transizione. L'accordo di pace tra il governo e l'opposizione armata, firmato lo scorso agosto a Khartum e ratificato a settembre ad Addis Abeba, mira a porre fine al conflitto che si prolunga dalla fine del 2013 e che ha provocato 200mila morti e 2 milioni di sfollati. Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, soprattutto il petrolio, è secondo molti analisti tra i motivi principali alla base del conflitto nel Paese diventato indipendente dal Sudan nel luglio 2011.
L'accordo di pace prevedeva un periodo di otto mesi per la creazione di un esercito nazionale che integri i combattenti ribelli. La maggior parte dei gruppi ribelli nel Sud Sudan, compresa la fazione principale guidata dall'ex vicepresidente Machar, ha accettato il patto, che è il secondo tentativo di porre fine al conflitto e sul quale papa Francesco parlò già con il presidente Salva Kiir nell'udienza in Vaticano lo scorso 16 marzo.
In quell'occasione, riferiva il comunicato della Sala stampa vaticana, tra l'altro "ci si è soffermati sulle questioni concernenti l'attuazione dell'accordo raggiunto recentemente dai diversi attori politici, in vista della soluzione definitiva dei conflitti, del ritorno dei profughi e degli sfollati nonché dello sviluppo integrale del Paese". In questo contesto, "Sua Santità ha espresso il desiderio che si verifichino le condizioni di una Sua possibile visita in Sud Sudan, come segno di vicinanza alla popolazione e di incoraggiamento al processo di pace".