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Scuola. Corea del Sud, la grande fuga degli insegnanti

Luca Miele mercoledì 11 settembre 2024

Una manifestazione di protesta degli insegnanti a Seul

Se non è una fuga di massa, poco ci manca. Negli ultimi 5 anni oltre 32mila insegnanti sudcoreani hanno lasciato il posto di lavoro. Prima di raggiungere l’età pensionabile. Una “diserzione” che ha assunto, per le autorità di Seul, contorni decisamente inquietanti. E che gli esperti leggono come l’ennesimo segnale di allarme di una società attraversata da laceranti contraddizioni.
Dal 2019 al 2023, scrive il Korea Times, un totale di 32.704 insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori nazionali e pubbliche hanno lasciato il loro incarico. Le dimissioni sono aumentate in modo significativo, passando da 5.937 nel 2019 a 7.404 nel 2023. Trend confermato anche nell’anno in corso, con oltre 3.300 insegnanti che hanno già lasciato il loro incarico.

Altro segnale allarmante. Abbandonare il posto di lavoro è una tentazione che tocca da vicino soprattutto gli insegnanti più giovani. Secondo un sondaggio condotto dalla Korean Federation of Teachers' Associations l'86 percento degli educatori tra i 20 e i 30 anni ha preso in considerazione l'idea di lasciare la propria professione. Alla domanda se fossero soddisfatti del loro lavoro, solo il 21,4 percento ha risposto di esserlo, un dato in picchiata rispetto al 68 percento del 2006.

Qual è la causa o il complesso di cause che spinge a questo congedo anticipato dalle cattedre? In primo luogo c’è la “reputazione” sociale che accompagna da sempre l’insegnamento. Crollata vertiginosamente. La figura dell’insegnante, dicono gli esperti, si è sbiadita, ha perso autorevolezza, non gode più di prestigio. Associata a questa “erosione” c’è poi il “capitolo” retribuzioni, percepite come inadeguate. Ma è, soprattutto, il rapporto sempre più problematico con gli studenti e le pressioni esercitate dai genitori ad “inquinare” la vita lavorativa dei professori.
Molti insegnanti si sono lamentati, ad esempio, della preoccupante tendenza sempre più diffusa tra gli alunni a registrare segretamente “brandelli” di vita scolastica. Il 26,9 percento ha affermato di essere stato “vittima” di questa pratica. Un’altra faglia di tensioni è il rapporto con i genitori. “I genitori sono diventati iperprotettivi, il che dà loro il potere di intromettersi nelle questioni scolastiche", ha spiegato Huh Chang-deog, professore di sociologia alla Yeungnam University. "Inoltre, i bambini stanno diventando più preziosi perché molte famiglie hanno un solo figlio. Ciò ha portato i genitori a sviluppare l'atteggiamento "solo mio figlio conta", con un impatto negativo sul benessere dell'ambiente scolastico e sull’apprendimento in generale", ha aggiunto. Infine molti professori hanno puntato il dito contro il “fardello” dalla gestione del lavoro amministrativo, divenuto troppo “ingombrante” e considerato come irrilevante ai fini dell'istruzione.

Non si può dire che la società sudcoreana non assommi una serie di contrasti drammatici. All’inizio degli anni ’60, il 40% della popolazione sudcoreana viveva in assoluta povertà. Nel 1996 Seul è entrato a far parte del club delle nazioni ricche, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. E oggi la Corea del Sud è uno dei Paesi più ricchi del mondo con un reddito pro capite di 35.000 dollari. Nel 1945, il tasso di alfabetizzazione del Paese asiatico era inchiodato al 22%, uno dei più bassi al mondo. Nel 1970 era schizzato al 90%. La Corea, che detiene il triste primato della più bassa natalità al mondo, è anche quello che ha il tasso di suicidi più alto tra i 38 membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.