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Attacco. Natale di sangue, strage di cristiani in Myanmar. La condanna del cardinale Bo

Stefano Vecchia e Redazione Internet lunedì 27 dicembre 2021

Il convoglio assalito e dato alle fiamme. Una strage commessa a sangue freddo

Le fonti della resistenza contro il regime militare in Myanmar hanno segnalato un nuovo massacro operato dai militari il 24 dicembre a Hpruso. nello Stato orientale di Kayah, dove autoveicoli di una colonna in transito su una strada di grande comunicazione sono stati attaccati e poi bruciati e i passeggeri trucidati. Risultano 38 morti, tra cui un bambino e due operatori dell'organizzazione umanitari Save the Children.

Un massacro portato a sangue freddo dalle milizie locali Karenni. Nel Kayah quasi la metà della popolazione è cristiana, perlopiù cattolici. Le foto della strage sono state diffuse sul web.

Media locali riferiscono che truppe governative birmane, su ordine della giunta militare al potere nel Paese, avrebbero radunato e ucciso i civili a colpi di arma da fuoco per poi caricarli su camion e auto successivamente incendiati.

Il luogo della strage in una delle foto che stanno circolando su Twitter. Tra queste ci sono immagini terribili che non pubblichiamo - da Twitter

Secondo alcuni testimoni le vittime erano fuggite dai combattimenti tra gruppi di resistenza armata e l'esercito del Myanmar vicino al villaggio di Koi Ngan, e sarebbero state fermate dalle truppe governative mentre si dirigevano verso i campi profughi nella parte occidentale di Hpruso.

Il sottosegretario dell'Onu per gli Aiuti umanitari, Martin Griffith si è detto "inorridito" e ha condannato "questo incidente grave e tutti gli attacchi contro civili nel Paese, che sono proibiti in base al diritto umanitario internazionale". A conferma della brutalità della repressione militare, pochi giorni fa la Bbc aveva confermato quattro uccisioni di massa avvenute a luglio di civili per complessive 40 vittime seppelliti frettolosamente nella foresta nell'area di Sagaing, al centro di scontri tra militari e forze di difesa popolare.

Il convoglio assalito e distrutto, in una delle foto che stanno circolando su Twitter. Tra queste ci sono immagini terribili che non pubblichiamo - da Twitter

Forse suggerito dall'attenzione internazionale verso il regime, è arrivato un nuovo rinvio del tribunale militare chiamato a giudicare Aung San Suu Kyi per possesso illegale di ricetrasmittenti e di apparecchi per interferire nei segnali radio. La sentenza attesa per oggi e già rinviata dal 20 dicembre è stata spostata la 10 gennaio. La notizia è stata diffusa da fonti vicine alla donna che è diventata simbolo della lotta nonviolenta contro la dittatura e dal 2015, come Consigliere nazionale e ministro degli Esteri, ha di fatto indirizzato il Paese. Sono una decina i capi d'imputazione per la 76enne Premio Nobel per la Pace, di cui, due già arrivati a giudizio per complessivi quattro anni di carcere.

Dal colpo di stato del primo febbraio scorso anche lei come il presidente, e buona parte della classe politica e istituzionale sono agli arresti e in decine di casi già rinviati a giudizio per "crimini" che per la maggior parte sono pretestuosi e mirano a costringere Aung San Suu Kyi e la sua Lega nazionale per la democrazia ad accettare il controllo dei militari sul Myanmar e il percorso verso nuove elezioni "democratiche" e una nuova leadership in sostituzione di quella uscita dal voto del novembre 2020 sconfessato dal regime.

Il capo della giunta militare golpista nel Myanmar, il generale Min Aung Hlaing - Reuters

La dura condanna del cardinale Bo​

Arriva la dura condanna del cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, per il massacro nel villaggio di Mo So, a Hpruso, nello Stato di Kayah, nel Myanmar, di almeno 38 persone - per lo più donne e bambini - ritrovate, il giorno di Natale, carbonizzate all'interno di tre veicoli dati alle fiamme. In una dichiarazione pubblicata il 26 dicembre, il porporato, definisce un "indicibile e spregevole atto di barbarie disumano" l'attacco e assicura la sua preghiera per le vittime e i loro cari.

"Fratelli che uccidono fratelli, sorelle che uccidono sorelle: questa non potrà mai e poi mai essere una
soluzione ai nostri problemi. Pistole e armi non sono la risposta".

Il cardinale quindi lancia un appello a deporre le armi ed esorta l'esercito del Myanmar, il Tatmadaw, a porre fine ai bombardamenti, domanda che si smetta di distruggere case, chiese, scuole e cliniche, e invita al dialogo con il movimento democratico e i gruppi armati etnici. "Chiedo inoltre ai gruppi armati e alla Forza di difesa del popolo (Pdf) - aggiunge - diriconoscere che le armi da fuoco non risolvono la crisi ma piuttosto la perpetuano, causando più morti e più fame, con conseguenze devastanti per l'istruzione dei nostri figli, per la nostra economia e la nostra salute".

Il cardinale Bo definisce la guerra inaccettabile, afferma che "la soluzione e la ricerca della pace è dentro di noi e tra noi" e chiede alla comunità internazionale preghiere, solidarietà, assistenza umanitaria e sforzi diplomatici per aiutare il Myanmar a porre fine ai tragici conflitti e a cercare giustizia e pace.

"Prego dal profondo del mio cuore per la fine delle tragedie che abbiamo visto negli ultimi giorni, settimane e per troppi anni e decenni" insiste l'arcivescovo di Yangon che ricorda il messaggio e la preghiera di Papa Francesco del giorno di Natale per il Medio Oriente, il Myanmar, i numerosi prigionieri di guerra e i civili in carcere per motivi politici, per i migranti, gli sfollati e i rifugiati.

"L'intero nostro amato Myanmar è ora una zona di guerra", afferma inoltre il cardinale Bo facendo riferimento anche agli attacchi aerei nello Stato di Kayin che hanno costretto migliaia di persone a fuggire oltre il confine con la Thailandia e ai bombardamenti a Thantlang, nello Stato di Chin. "Quando finirà tutto questo? Quando cesseranno decenni di guerra civile in Myanmar? Quando potremo godere della vera pace, con giustizia e vera libertà? Quando smetteremo di ucciderci l'un l'altro?", si interroga il porporato nella nota riportata da Vatican News.