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Guerra. La strage degli aiuti a Gaza. Ma Israele nega di aver sparato

Anna Maria Brogi giovedì 29 febbraio 2024

Un palestinese ferito a Gaza viene curato in ospedale

Una strage annunciata. Sarebbero, secondo i dati forniti da Hamas, almeno 112 i palestinesi rimasti uccisi mentre assaltavano una colonna di tir di aiuti umanitari nel nord della Striscia, a Gaza City. Travolti, calpestati, investiti. Oltre 760 i feriti. L’esercito israeliano – che prima ha ammesso di avere colpito dieci civili, poi ha negato di aver sparato – ha diffuso un video di sorveglianza aerea che «mostra quante persone hanno circondato i camion: di conseguenza, dozzine sono state uccise e ferite per aver spintonato e calpestato, e sono state investite dagli autisti dei tir».

Secondo la ricostruzione delle Forze di sicurezza, la strage è avvenuta alle quattro del mattino quando una trentina di camion sono giunti dalla costa a Gaza City diretti nel quartiere di Rimal. Migliaia di affamati si sono precipitati verso i mezzi che rallentavano a un check-point. La calca, il panico. Gli investimenti. Decine si sono poi diretti verso i carri armati al posto di blocco, riferisce l’Idf. A quel punto un ufficiale ha ordinato di sparare in aria e poi alle gambe, uccidendo dieci persone. Alcuni camion sono riusciti a proseguire, ma all’altezza di Rimal uomini armati hanno aperto il fuoco e iniziato il saccheggio. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si è riunito oggi a porte chiuse.

Nella zona gli aiuti umanitari non arrivavano da settimane, nel nord almeno 300mila residenti sono alla fame. Negli ultimi giorni, per iniziativa della Giordania, sono stati paracadutati viveri ma un volo militare può consegnare solo quanto un camion. Oltretutto il vento ha spinto diversi pacchi oltre il confine israeliano.

«L’esercito sapeva che erano arrivati in questa zona per ottenere cibo e aiuti, e li ha uccisi a sangue freddo» denuncia Hamas. La Jihad islamica afferma che «questo massacro non farà che aumentare la fermezza del nostro popolo contro la macchina omicida sionista». L’Egitto parla di «attacco disumano di Israele contro civili palestinesi inermi». Il portavoce della Casa Bianca: «Piangiamo la perdita di vite umane. Si tratta di un incidente grave». Lo stesso presidente Joe Biden ha dovuto riconoscere che quanto accaduto «complicherà i negoziati». Gli Usa chiedono «risposte». Mentre la premier italiana Giorgia Meloni ha invitato a «intensificare gli sforzi sui negoziati». Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin ha sottolineato come «ci sia qualche spiraglio, nel senso che abbiamo visto la diplomazia che sta lavorando per ottenere la tregua e quindi anche l'accesso degli aiuti umanitari».

Sulla strage Israele fornisce una versione diversa. Le forze di difesa israeliane hanno sparato colpi di avvertimento nel tentativo di disperdere la folla, «non abbiamo sparato», ha detto il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari.

Con la strage di oggi, le vittime palestinesi avrebbero superato quota 30mila. Il quotidiano Filastin legato a Hamas scrive che «i negoziati non sono un processo aperto a scapito del sangue del nostro popolo». Tradotto: la strage complica le trattative in corso per la tregua. Cambiando il punto di vista, si può aggiungere che non fa certo il gioco di Israele. Stando al Wall Street Journal, il leader militare di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar, si sarebbe fatto vivo con un messaggio inviato tramite un corriere agli alti funzionari del movimento in Qatar. E avrebbe scritto che «l’alto numero di vittime civili a Gaza aumenterà la pressione mondiale su Israele affinché metta fine alla guerra».

Avrebbe anche parlato della possibilità di una «vittoria storica»: «Non preoccupatevi, gli israeliani sono esattamente dove li vogliamo». Raid israeliani hanno colpito anche fuori dalla Striscia, in Siria e sul Libano meridionale. Gli Usa temono che sia in preparazione per un’offensiva di terra in Libano. Infine ancora sangue in Cisgiordania. Due israeliani sono stati uccisi in un attentato terroristico a colpi d'arma da fuoco ad una stazione di benzina nell'insediamento ebraico di Eli. L’aggressore è stato (come usano dire) «neutralizzato».