La Corte suprema filippina ha fermato provvisoriamente l’applicazione della «Legge per la parentela e la procreazione responsabili» promulgata soltanto il 17 gennaio, accogliendo diversi ricorsi sostenuti anche dalla Chiesa cattolica. Votando con una maggioranza di 15 a 5 su 10 diversi ricorsi, i giudici ieri hanno sospeso il provvedimento fino al 18 giugno, quando le parti potranno portare le proprie ragioni davanti alla Corte. I ricorsi presentati mettevano in discussione la legalità della legge, definendone nella sostanza l’impianto «offensivo» per le credenze religiose e sostenendone l’intento di promuovere l’aborto, che resta illegale. I leader cattolici, in particolare, considerano la legge un pericolo per i valori cristiani, un provvedimento che promuove la promiscuità e la distruzione della vita umana. Al contrario, per il governo che ne ha sostenuto l’approvazione al termine di un percorso avviato nel 1967, il senso della legge – delega ai centri di sanità pubblica l’accesso gratuito a quasi tutti i metodi contraccettivi e rende l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole – è di sostenere il diritto alla prole delle famiglie e di garantire la salute della donna. Posizioni nettamente diverse che hanno portato la Chiesa filippina ad impegnarsi duramente nelle varie fasi del percorso parlamentare e, dopo l’approvazione, sia sul fronte legale per chiederne l’abrogazione, sia su quello della disobbedienza civile per bloccarne l’applicazione. Particolarmente coinvolto nella mediazione l’arcivescovo di Manila, cardinale Antonio Luis Tagle, che fino all’ultimo ha mantenuto aperto il dialogo con il presidente e con il governo.Secondo i sostenitori, il governo avrebbe fatto diverse «concessioni» alla Chiesa cattolica, ad esempio non prevedendo una legalizzazione generalizzata dei contraccettivi e consentendo agli ospedali privati o di ispirazione religiosa di non fornire servizi ritenuti non coerenti con i loro principi. Di fatto, la resistenza all’interno della stessa maggioranza di governo è stata forte e alla fine la legge è passata per il cambio di campo di poche decine di parlamentariLa legge è stata promulgata dal presidente Benigno Aquino III lo scorso dicembre ma il regolamento attuativo è stato approvato solo la scorsa settimana dal Ministero della Sanità. Il portavoce presidenziale Edwin Lacierda ha fatto sapere che, nonostante «l’altolà» della suprema istanza giudiziaria, il governo è fiducioso di potere difendere la sostanza della legge, ispirata dai dati ufficiali e dai rapporti di organismi internazionali.Secondo il Fondo mondiale delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), quasi la metà delle gravidanze nel Paese (che a fronte di 94 milioni di abitanti, un terzo dei quali sotto la soglia di povertà, ha ancora un tasso di crescita demografico tra i più alti dell’Asia) sarebbero «non volute» e di queste un terzo finirebbero con aborti clandestini. Una situazione che per i vescovi e i tanti contrari alla legge, dipende dallo sviluppo ineguale che perpetua la povertà, dagli interessi particolari delle élite e da una mentalità sempre più tesa al benessere e all’egoismo.