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IL PAESE. Uno Stato da rifare

Giovanni Bensi giovedì 21 gennaio 2010
Lo spaventoso terremoto che ha distrutto la capitale di Haiti, Port-au-Prince, ha sepolto sotto le rovine anche lo Stato. Le immagini più rappresentative di questo sfacelo sono il palazzo presidenziale collassato su se stesso, con la cupola adagiata sulle rovine come un coperchio su una pentola, e quella, ripresa dalla Cnn, del presidente René Preval che si aggira spaesato all’aeroporto, vestito solo con una camicia bianca e un paio di pantaloni. Il giornalista gli chiede: «Che cosa fa qui?». «Il mio palazzo è distrutto», risponde il presidente. «Non so dove dormirò stanotte». Anche il Parlamento è crollato, ed il premier Jean Max Bellerive, sopravvissuto, ha detto che il presidente del Senato è morto, e con lui decine di parlamentari. Molti sono feriti e trasportati a Santo Domingo. La maggior parte dei ministeri è ridotta in macerie, il Paese è praticamente "occupato" dalle truppe di soccorso Usa.Di fronte a questo spettacolo della morte di uno Stato, c’è da domandarsi se fosse in realtà mai nato. Haiti ha una storia tragica. L’isola di Hispaniola, di cui Haiti rappresenta oggi la parte occidentale, mentre quella orientale è occupata dalla Repubblica Dominicana, fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492. Dopo conflitti con Francia e Spagna, Haiti, nel 1804, fu il primo Paese dell’America Latina a proclamare l’indipendenza. Ma le potenze coloniali dell’epoca boicottarono la nuova Repubblica che, in cambio del riconoscimento, dovette pagare per decenni un risarcimento ai francesi.Così incominciò l’inarrestabile decadenza del Paese, che da allora fu saccheggiata da almeno 23 dittatori. Nel 1915, gli americani lo invasero, vi costruirono strade e scuole, ma fino al loro ritiro, nel 1934, non riuscirono a stabilire uno Stato di diritto. Si arrivò così al regime terroristico del medico François Duvalier (detto "Papa Doc") che nel 1957 vinse le elezioni aizzando la popolazione rurale e il crescente ceto medio di pelle nera contro le élite mulatte. Duvalier si trasformò presto in un despota sanguinario e, nel 1964, si autoproclamò presidente a vita. La sua polizia segreta, i "Tontons Macoutes", imperversava nelle città e nei villaggi: sotto i suoi colpo caddero almeno 30mila avversari politici, sindacalisti e studenti. Duvalier venne appoggiato dagli Usa, nel quadro della politica di contenimento della Cuba di Fidel Castro. Nel 1971, dopo la morte di François Duvalier, suo figlio Jean-Claude ("Baby Doc") ne continuò la politica antidemocratica. Solo 15 anni dopo gli americani cessarono di sostenere il regime, il dittatore venne mandato con la sua famiglia in esilio in Francia, dove oggi vive ancora.Ben presto seguì una personalità carismatica, il prete salesiano Jean-Bertrand Aristide, che aveva incominciato la sua attività nei quartieri più poveri di Port-au-Prince predicando in creolo, la lingua dei più umili di Haiti. Egli diede il via ad un movimento popolare che lo portò al palazzo presidenziale nelle elezioni del dicembre 1990. Tuttavia, già un anno dopo Aristide fu cacciato da un colpo di stato militare (il 192° dall’indipendenza di Haiti), mentre la nuova "junta" prese ad angariare il popolo con non minore accanimento dei Duvalier. L’Onu impose sanzioni economiche che fecero piombare il Paese nella più nera miseria. Aristide, esiliato a Washington, cercò di stringere nuove alleanze. Il presidente americano Bill Clinton, su mandato dell’Onu, inviò ad Haiti 20mila soldati che nel 1994 riportarono Aristide alla presidenza.Le successive elezioni del 1995 furono vinte da un seguace di Aristide (frattanto ridotto allo stato laicale), l’agronomo René Preval, che si insediò alla presidenza per cinque anni. Aristide riuscì però, nel 2000, a riconquistare la presidenza e governò, secondo l’infelice tradizione dell’isola, come un dittatore. Egli organizzò i suoi giovani seguaci degli slum in bande (le famigerate "Quimeras") che disperdevano con la forza ogni manifestazione di protesta contro il regime. Gli intellettuali incominciarono ad abbandonare il leader e i poveri perdettero la fiducia in lui. Lo Stato incominciò a sfaldarsi, ex militari occuparono il Nord del Paese, mentre seguaci armati di Aristide controllavano il Sud. Nel 2004, infine, Francia ed Usa organizzarono la fuga del loro ex protetto e della sua famiglia in Sud Africa.René Preval divenne nuovamente il suo successore (ed è al potere ancora oggi). Ha collaborato proficuamente con le truppe di stabilizzazione dell’Onu (Minustah) che sono di stanza ad Haiti dalle dimissioni di Aristide. Senza i 6.700 caschi blu ed i 1.700 poliziotti comandati dai brasiliani, non sarebbe più stato possibile governare il Paese. Il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale avevano condonato ad Haiti debiti per 1,2 miliardi di dollari come riconoscimento per una serie di riforme. Insomma, prima del sisma, stava per cominciare una fase di speranza dopo decenni di paura. Ma non è solo la cronaca recente a essere segnata dall’instabilità. La storia di Haiti è stata travagliata fin dalle sue origini. Dopo lo sbarco di Colombo, nella parte orientale dell’isola venne trovato l’oro, per estrarre il quale gli spagnoli, intorno al 1580, incominciarono a importare schiavi dall’Africa, dato che la popolazione indigena era stata decimata dalle epidemie. La parte occidentale dell’isola invece fu ceduta dalla Spagna alla Francia con un trattato del 20 settembre 1697. Verso la fine del XVII secolo 500mila schiavi sotto il comando di 30mila europei producevano zucchero, caffè e rum. Si era nel periodo della Rivoluzione francese e il 2 febbraio 1794 la Convenzione abolì la schiavitù nella parte occidentale dell’isola, dove gli insorti proclamarono la Repubblica. Il capo dell’insurrezione Toussaint L’Ouverture ricevette da Parigi il grado di generale e la nomina a governatore. Le forze rivoluzionarie invasero la parte orientale, spagnola, dell’isola che Madrid si vide costretta a cedere alla Francia con un nuovo trattato del 22 luglio 1795. La colonia divenne autonoma con la Costituzione del 26 gennaio 1801. Temendo che Napoleone restaurasse la schiavitù, L’Ouverture si ribellò, fu arrestato e trasferito in Francia, dove morì nel 1803. Nel novembre dello stesso anno i creoli, con l’appoggio di Gran Bretagna e Spagna, sconfissero i francesi e il primo gennaio 1804, come detto, fu proclamata l’indipendenza della Repubblica di Haiti. Un ruolo di primo piano in questa impresa fu svolto da un ex schiavo, Jean-Jacques Dessalines, che dopo l’indipendenza, volendo emulare Napoleone, si fece proclamare imperatore. Durante la guerra con la Francia, la Spagna riconquistò la parte orientale dell’isola nel 1808. Nel 1822 anche i meticci di Santo Domingo insorsero e il primo dicembre proclamarono l’indipendenza della Repubblica Dominicana.