Lo spoils system. Musk, Kennedy, Pompeo, Lee: tutti gli uomini del presidente
Elon Musk
Si farà chiamare “Doge”, dall’acronimo del Department of Government Efficiency (ma il fatto gli costerebbe la poltrona di Ceo nelle sue aziende), oppure semplicemente sarà un superconsigliere di “The Donald”. Ma Elon Musk – fondatore di Space X, del social media “X” (ex Twitter), di Tesla, di Starlink, l’uomo che vuole colonizzare Marte – è solo la prima e più importante pedina dello spoils system cui da gennaio metterà mano Donald Trump.
A seguire, c’è il nipote balzano del clan Kennedy, quel Robert F. Kennedy Jr. che si è accodato all’ultimo al ticket Trump-Vance ed ora è in predicato di diventare Segretario alla Salute. Teorico delle strie chimiche e no vax di primo livello, Robert Fitzgerald ha già fatto sapere che inizierà immediatamente a studiare la sicurezza e l'efficacia dei vaccini, assicurando: «Non ho intenzione di sottrarre i vaccini a nessuno. Una delle mie priorità – ha detto in un’intervista radiofonica – sarà quella di fornire agli americani buone informazioni sulla loro sicurezza, che secondo me ha enormi deficit». «Occupati di tutto tranne che di petrolio», lo ha rimbrottato Trump. Ma nonostante Musk sia l’uomo più ricco del mondo e Kennedy il più bizzarro del clan dei bostoniani di Martha’s Vineyard, i posti veri (che sono migliaia), quelli che la consuetudine concede al presidente in base ai poteri di rinnovo della fascia alta dell’Amministrazione, sono ben altri. Il primo è riservato a Mike Pompeo, sessantunenne, italoamericano, ex direttore della Cia e specialista di strategie e affari cinesi, cui spetterebbe la poltrona di Segretario di Stato. Il secondo posto è quello di Attorney General, che Trump affiderebbe al senatore dello Utah Michael Lee, il terzo è la direzione dell’intelligence, che potrebbe toccare di nuovo al conservatore texano John Ratcliffe.
Per il Tesoro se la giocheranno due professionisti della finanza, il ceo di JP Morgan and Chase Jamie Dimon e l’amministratore di hedge fund John Paulson. Ma Trump ha un debito da saldare anche con Marco Rubio, inizialmente in pole position per la vicepresidenza, poi lasciato a piedi per far posto a J.D.Vance. Insieme a lui il senatore dell’Arkansas Tom Cotton e il congressman della Florida ed ex colonnello della Guardia nazionale Mike Walz, verosimilmente in lizza per il Pentagono. Ma rispunta anche Robert O’Brien, ex consigliere per la sicurezza nazionale durante il primo mandato di Trump. Forse andrà anche lui a rafforzare la Segreteria di Stato.
Probabile anche il recupero di Brooke Rollins, texana, figura di spicco dell’America First Policy Institute, un think thank conservatore voluto da Trump cinque anni fa, e dell’ex speaker della Camera Kevin McCarthy, indicato come capo dello staff del presidente, senza dimenticare il teorico della deportazione di massa degli immigrati illegali Stephen Miller, già consigliere di Trump e ora candidato a guidare la Homeland Security in alternativa al già sperimentato Chad Wolf. In arrivo anche la quarantaduenne Lara Trump, moglie di Eric, terzo figlio di Donald e Ivanka. Pare che nel Grand Old Party, oramai del tutto trumpizzato, Lara abbia fatto faville. Donne e uomini del presidente comunque una cosa la sanno: il sulfureo Donald, memore dei fasti del reality show di successo The Apprentice, è sempre pronto a scagliare la sua vecchia irrevocabile sentenza: «You’re fired!», sei licenziato! Basta davvero poco, come ben sanno i tanti messi fulmineamente alla porta dal presidente. Il quale difficilmente avrà perso il vizio.