LA GUERRA IN SIRIA. Spari sugli ispettori Onu a Damasco
L’autorizzazione a recarsi sul luogo della strage era arrivata domenica sera dallo stesso presidente siriano Bashar al-As- sad. I funzionari sono quindi partiti ieri mattina dal centrale Four Seasons per essere condotti nella zona di Madmiyah. Poche ore dopo l’attacco dei cecchini, in cui uno dei veicoli è stato reso inagibile, il regime ha emanato un comunicato in cui ha accusato «forze terroriste». «Come facevamo a sparare sui convogli se non avevamo idea di dove sarebbero passati », afferma un membro dell’Esercito siriano libero raggiunto al telefono da Damasco. La scelta del luogo delle ispezioni suscita poi altre perplessità: Madmiyah è la località dove è stato registrato il minor numero di morti (circa 70 secondo fonti mediche locali), e non si trova nel cuore della periferia del Ghuta che ospita le zone più colpite: Zamalka, Arbin e Ayn Tarma.
Agli osservatori Onu è stato permesso comunque di incontrare il personale medico locale. Fatto confermato dagli stessi attivisti siriani. Gli esperti hanno parlato infatti con i medici della Mezzaluna Rossa dove sono state portate decine di persone che riportavano ancora sintomi successivi alla inalazione delle sostanze chimiche. Dai pazienti sono stati prelevati campioni di sangue e di capelli. La prima conferma dell’uso di sostanze non convenzionali è arrivata comunque da Medici senza frontiere che sabato ha comunicato l’accertamento della morte di 300 persone dovuta a sostanze neurotossiche. Ed è proprio alla persistenza di agenti tossici gassosi, depositati probabilmente nei campi e nelle falde, che a Damasco si è sparso il panico per l’utilizzo dell’acqua. «Dal Ghuta provengono larga parte della nostra frutta e verdura – spiega una madre di quattro bambini nel quartiere popolare di Berzeh – non sappiamo più cosa dare da mangiare ai nostri figli e temiamo che anche l’acqua sia contaminata».
Sul paventato intervento militare internazionale la donna sembra racchiudere lo scetticismo della popolazione intera: «Sono due anni che ne sentiamo parlare, non abbiamo tempo per stare dietro a queste bugie». Un’ipotesi che sembra non convincere neanche il vescovo di Aleppo, Antoine Audo, che in un’intervista a Radio Vaticana ha detto: «Si rischierebbe una guerra mondiale». Un presagio negativo confermato poi dal regime: «La Siria ha un’arma strategica contro Israele», ha ammonito Khalaf al-Muftah, portavoce del ministero dell’Informazione. È in questo clima di tensione che oggi gli osservatori dovrebbero proseguire la loro missione e addentrarsi nel Ghuta.