Finirà con quattro mesi di anticipo l'era Zapatero. Oggi il premier spagnolo, mettendo fine alle voci che si rincorrevano da settimane sulla data del suo addio, ha annunciato le elezioni anticipate: al voto si andrà il 20 novembre, quattro mesi prima della scadenza naturale della legislatura, fissata per il marzo 2012. Il 26 settembre il governo scioglierà il Parlamento. Poi, tra le forti pressioni dei mercati finanziari e una campagna elettorale che si annuncia bollente, la Spagna sceglierà il leader che avrà il compito di risollevarla da una delle maggiori crisi economiche della sua storia recente. Quella di Zapatero è stata una decisione presa «nell'interesse generale», motivata dalla volontà di «fissare un calendario chiaro», perché «la certezza è stabilità», ha spiegato il premier socialista in una conferenza stampa nel palazzo della Moncloa. Entro il mese di settembre l'attuale esecutivo approverà le ultime riforme annunciate nei mesi scorsi e già il 19 agosto si terrà un Consiglio dei ministri straordinario. Poi, dopo le elezioni, toccherà al nuovo esecutivo prendere le redini del Paese. Già dal «primo gennaio il nuovo governo potrà lavorare al recupero dell'economia e alla riduzione del deficit», ha aggiunto Zapatero, che ha fissato il voto proprio nell'anniversario della morte di Francisco Franco, spirato il 20 novembre del 1975. La coincidenza, tuttavia, non è stata voluta. «È una data come un'altra», ha tagliato corto l'ormai ex leader del Partito socialista (Psoe). L'annuncio di questa mattina soffoca l'acceso dibattito sulla data delle prossime elezioni e rovescia quanto asserito da Zapatero nei mesi scorsi, quando era deciso a terminare la legislatura nonostante la debacle nelle amministrative dello scorso marzo, stravinte dal Partido Popular. Da allora, sia dall'opposizione sia tra le file del Psoe sono aumentate le pressioni per un suo addio anticipato. Ora le speranze dei socialisti sono riposte nel 59enne Alfredo Perez Rucalcaba, candidato del Psoe, ministro degli Interni e uomo forte del governo, tra gli artefici della lotta al terrorismo basco. «Recupereremo la fiducia» degli elettori, è stata la prima reazione di Rucalcaba che si è detto «pronto a costruire una Spagna migliore». Il favorito però (secondo gli ultimi sondaggi con un margine di sette punti) è il leader dei conservatori Mariano Rajoy, che ha definito il voto in novembre «una buona notizia», ma ha avvertito che il nuovo esecutivo avrà «un compito estremamente difficile». La Spagna, nonostante una riduzione del deficit di bilancio del 19%, continua a navigare in acque agitate. Oggi Moody's ha minacciato di declassare il rating del debito sovrano del Paese, attualmente ad AA2, mentre l'inflazione corre al 3,1% e il tasso di disoccupazione, nonostante un lieve miglioramento nel secondo trimestre, resta al 20,89%, con picchi altissimi tra i più giovani. Gli stessi che nei mesi scorsi hanno invaso pacificamente le piazze delle maggiori città iberiche, protestando contro la cattiva gestione del governo e dando vita all'onda degli "indignados". Forse è stata proprio la rabbia dei giovani a favorire l'addio anticipato di Zapatero, eletto per la prima volta nel 2004 e rieletto nel 2008, protagonista di un cammino progressista che ha portato la Spagna al top dei Paesi europei, tra prosperità economica e avanguardia sociale. Poi, crisi e austerity hanno smontato il castello socialista di 'Zp', nomignolo affibbiato al premier 51enne. Che alle prossime elezioni non si candiderà neppure da parlamentare per ritirarsi nella sua città natale, Leon. Dopo il lento ma progressivo tramonto, il suo addio, secondo i politologi, potrebbe dare nuovo slancio alla compagine socialista.