Il voto. Spagna, vincono i socialisti ma non c'è maggioranza
In Spagna, i socialisti del premier uscente Pedro Sanchez vincono le elezioni e, dinanzi alla debacle dei Popolari (al minimo storico), sono a un soffio da un governo senza i secessionisti. Il partito socialista del Psoe ha ottenuto il 28,7% dei voti e 123 seggi su 350 (molto meglio degli 85 seggi ottenuti nel 2016) e ha vinto in tutte le regioni ad eccezione di Catalogna, Navarra e dei Paesi Baschi, e in 41 delle 52 province. Il grande perdente è stato il Partito popolare (Pp), che ha totalizzato 66 seggi contro i 137 delle precedenti elezioni. La formazione di centrodestra Ciudadanos, guidata da Alberto Rivera, è salita da 32 a 57 seggi. In calo Podemos, 42 seggi, contro i 67 del 2016. L'affluenza alle urne è stata alta, del 75,76%, del 66,48% nel 2016. L'estrema destra di Vox entra in Parlamento con un exploit di oltre il 10% e 24 deputati.
La schiacciante vittoria di Sanchez, 57 seggi sopra i Popolari, gli assegna indiscutibilmente la capacità di formare un nuovo governo, senza rimanere vincolati dalle richieste secessioniste. «I socialisti hanno vinto le elezioni generali e con esse il futuro ha vinto e il passato ha perso» ha detto Sanchez dal balcone del quartier generale del Psoe a Madrid.
Gli scenari per il governo a guida socialista
Per essere investito e guidare un governo di minoranza, al candidato socialista basta l'appoggio di Unidos Podemos, del partito nazionalista basco (Pnv) e l'astensione di quell'Erc, la sinistra repubblicana catalana, che aveva fatto cadere il suo esecutivo, negandogli il sostegno alla legge di bilancio (una sorta di riedizione, dunque, del blocco che aveva defenestrato Mariano Rajoy dalla Moncloa con la mozione di sfiducia).
Sanchez potrebbe anche tentare un negoziato con i Ciudadanos di Albert Rivera, cosa che piacerebbe ai mercati, ma non a chi l'ha votato se è vero che, aspettando i risultati al quarto piano della sede del partito di Ferraz, si è sentito scandire dai suoi sostenitori la linea rossa: «Con Rivera, no!». Sanchez ha già chiarito («Credo che sia abbastanza chiaro, no?»), che tenderà la mano «a tutte le formazioni dentro la Costituzione», ma lo farà «dalle idee di sinistra» e «posizioni progressiste». Comunque i 158 deputati che formano il blocco di sinistra (Psoe e Unidos Podemos) contro i 147 del blocco di destra (PP, Cs e Vox) gli spianano la strada. Resta da vedere se i socialisti aspetteranno, per iniziare i negoziati, le municipali e regionali del 26 maggio, e le europee, in maniera da non scontentare nessuno.
Da registrare il risultato negativo del partito di Pablo Iglesias (Podemos): il 14,3% , 42 seggi, 29 in meno. Anche il partito della destra radicale, Vox, non ha ottenuto il risultato spettacolare che prevedevano molti sondaggi ma è riuscito ad entrare nel Congresso con un 10,26% e 24 seggi. Un risultato che ha affondato i Popolari, che hanno praticamente perso la metà della rappresentanza parlamentare.
La Catalogna premia i separatisti
In terra catalana, come previsto dai sondaggi, Erc è riuscito a imporsi con tutta la forza: il partito di Oriol Junqueras, a processo per il tentativo secessionista, ha ottenuto il 3,9% dei voti che gli permette di tornare al Congresso con 15 deputati (contro i nove nella scorsa legislatura). La sorpresa è arrivata da JxCAT , la formazione controllata a distanza dall'ex president in esilio, Carles Puigdemont: i sondaggi prevedevano un risultato disastroso che non gli avrebbe nemmeno permesso di formare un gruppo parlamentare e non è stato così: hanno perso solo un seggio e avranno sette deputati.