Spagna. Un voto che vale doppio. Sánchez vuole la Moncloa e l'Ue
Il socialista Pedro Sanchez durante l'apertura della campagna elettorale (Ansa)
La Spagna ha oggi l’economia che più cresce in Europa e una delle più sane al mondo. La disoccupazione è ridotta alla metà del 28 per cento toccato all’apice della crisi ma, nonostante le buone notizie, la fame o la precarietà del lavoro continuano a essere la maggiore preoccupazione per gli spagnoli. Seguita sempre dalla corruzione e dall’insofferenza per i partiti, che hanno fatto dello scontro la loro ragione di essere. La fotografia dello statale Centro di investigazioni sociologiche sembra non troppo diversa da quella scattata alla vigilia delle elezioni europee del 2014. Se non fosse che, nell’ultimo anno, sono caduti due governi, una dozzina di leader indipendentisti è sotto processo per la tentata secessione della Catalogna, e un partito dell’ultradestra ed euroscettico come Vox, dopo la reconquista dell’antica Al Andalus, si prepara all’assalto ai cieli europei, sfida in altri tempi mossa dalla sinistra anti-casta ed euro-critica di Podemos, ora logorata dalla lotta per il potere. In piena crisi d’ansia preelettorale, risuona la grancassa della campagna no stop fino al 26 maggio, quando con le Europee gli spagnoli voteranno per le regionali e le municipali, dopo le cruciali politiche del 28 aprile.
«Non c’è dubbio che la partita per la Moncloa (il palazzo di governo) condizionerà le successive consultazioni, per cui le elezioni Ue saranno lette in chiave di secondo turno e rivincita, anche se è difficile prevedere in che senso», assicura ad Avvenire Josep Ramoneda, già direttore del Centro di cultura contemporanea di Barcellona e analista politico de El Pais. «Di certo – aggiunge – serviranno a constatare il peso di Vox e fino a che punto andrà a impolpare la destra radicale di Le Pen, Salvini e Orbán, che mira alla scalata in Europa. Sul fronte interno, vedremo se il Partido popular e il liberale Ciudadanos, che ha in Macron il principale alleato a Bruxelles, continueranno ad appoggiarsi a Vox, come in Andalusia».
L’ascesa del partito del “leader con la pistola”, Santiago Abascal, ha imposto un cambio radicale nel Paese che sembrava immune dall’ondata nazionalista. «Ci temono perché sanno che governeremo, e questo passa per la sospensione dell’autonomia della Catalogna, per un brindisi alla Corona e alla nostra bandiera, per la difesa dell’orgoglio e identità della Spagna e delle sue frontiere, con l’innalzamento di muri invalicabili a Ceuta e Melilla», ha promesso Ignacio Garriga, capolista per Barcellona di Vox, rievocando i “brindis al sol” di spirito franchista in un affollato meeting a Leganes, nell’ex cintura rossa e operaia di Madrid. E se finora la destra ultrà ha pescato soprattutto nel serbatoio del Pp, nelle aree rurali spopolate e nei comuni andalusi, ora sono giovani e precari la priorità per ampliare le basi. All’ombra di Steve Bannon, il partito con più followers in Instangram domina il dibattito politico nelle reti, stando all’analisi della spagnola Alto-Analytics. Mentre rullano i tamburi di una battaglia dai toni apocalittici, che ha radicalizzato anche quelli dei più moderati Pp e Ciudadanos, per frenare l’emorragia di voti.
«Queste elezioni sono molto polarizzate tra il fronte progressista e quello della destra e le Europee saranno il riflesso, perché gli elettori voteranno in chiave nazionale», spiega Lola Galán, analista e direttrice aggiunta de La Vanguardia. «Sarà un referendum-plebiscito sul premier Pedro Sánchez, sul suo programma sociale e l’attitudine dialogante con gli indipendentisti dentro la costituzione, rispetto al blocco di centrodestra chiuso in difesa dell’unità della nazione».
«Si giocherà tutto su questo frontismo», fa eco Ramoneda. «E la sfida è impegnativa, perché se fino a due anni fa Marine Le Pen insisteva sulla Brexit e voleva che la Francia abbandonasse la Ue, ora con Matteo Salvini puntano alle istituzioni europee e a quote significative di commissari».
Dall’angolazione iberica, le Europee avranno anche forte connotazione catalana, come conferma la scelta del Pp e del Psoe di candidare a capolista rispettivamente Dolores Montserrat – portavoce al Congresso dei deputati – e Josep Borrell – ministro degli Esteri uscente – entrambi barcellonesi e oppositori a oltranza dell’indipendentismo. Contrapposti a Carles Puidgemont, l’ex president catalano riparato a Waterloo, e Oriol Junqueras, l’ex vicepresidente in carcere, alla testa dei rispettivi partiti: Junts per Catalunya e Ahora Republicas, l’alleanza che riunisce i repubblicani di Erc, quelli baschi di Bildu e i galiziani del Bng. Luis Garicano, cattedratico di economia e capofila europeo di Ciudadanos considera i socialisti responsabili dell’ascesa di Vox, come reazione al “governo Frankenstein” con indipendentisti e Podemos coagulato sulla sfiducia a Mariano Rajoy. Garicano, vicepresidente dell’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa, potrebbe guidare la più grande delegazione di Alde nel Continente. Tuttavia, la mano tesa da En Marche di Macrón per una lista unitaria contro l’ascesa dell’ultradestra è stata ignorata per la pragmatica quanto inconfessabile governance con Vox In Andalusia.
Ma cosa dicono i sondaggi? Le proiezioni dell’Eurocamera danno la vittoria al Psoe con 19 seggi (28,8 per cento dei voso, ti), mentre il Pp si fermerebbe a 13 (20,3 per cento), seguito da Podemos con 10 eurodeputati (15,6 per cento) in sostanziale pareggio con Ciudadanos, con 9 seggi (15,1 per cento). Vox conquisterebbe 5 seggi (8,4 per cento), mentre Ahora Republicas solo 3 rappresentanti e la lista di Puigdemont resterebbe fuori.
Le analisi interne, tuttavia, parlano di un 40 per cento di voto indeciso e occulto, che sconvolgerebbe le carte in tavola. Nel quartiere generale madrilegno del partito con la “rosa nel pugno”, in calle Ferraz, non nascondono le speranze di affermarsi come prima rappresentanza nella famiglia socialista europea, dato il tracollo del Pd nostrano rispetto al 2014. E l’ambizione che Borrell raccolga il testimone da Federica Mogherini come Alto rappresentante. O che la ministra indipendente uscente di economia, Nadia Calviño, già direttrice generale di bilancio della Commissione Europea, possa tornarvi da commissaria.
Ma il nuovo scenario, con il ritorno di popolari e socialdemocratici, costringerà alla scelta di un terzo socio, che potrà dipendere dai liberali.
(2. Continua)