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Incontro Ciudadanos, Psoe e Podemos. Spagna, la crisi politica non esce dal labirinto

LUCIA CAPUZZI giovedì 7 aprile 2016
Dopo un estenuante tira e molla, il giorno è arrivato. L’atteso “incontro a tre” tra Ciudadanos, Podemos e socialisti (Psoe) si svolgerà oggi, alle 16.30, al Congresso. A riunirsi saranno, però, non i segretari delle formazioni bensì le delegazioni. Il dettaglio è significativo. Albert Rivera, leader del partito centrista – rivela la stampa – si è opposto strenuamente al faccia a faccia, per non essere immortalato in una fotografia di gruppo accanto a Pablo Iglesias. La ragione è evidente: Ciudadanos cerca un’exit strategy nell’ipotesi – probabile – che il meeting si riveli un buco nell’acqua. E il conseguente accordo di governo, a quasi tre mesi e mezzo dalle politiche, non si faccia. Tale atteggiamento rischia di far “autoavverare” la profezia. Non proprio inconsapevolmente: il partito di Rivera non ha mai fatto mistero di considerare i popolari – e non Podemos – come il naturale completamento dell’accordo di coalizione con il Psoe. Negli ultimi giorni, poi, i vertici della formazione hanno alzato i toni nei confronti degli ex indignados e del loro “capo carismatico” Pablo Iglesias. Il portavoce Juan Carlos Girauta ha ribadito ieri che Podemos e Ciudadanos hanno posizioni antitetiche sull’ordinamento territoriale spagnolo e sulle politiche economiche. Il partito ha, inoltre, deciso di porre alcuni paletti “invalicabili” per il patto. In primis, il riconoscimento da parte degli ex indignados del proprio accordo con il Psoe, cosa che finora Iglesias non ha fatto. Secondo, il voto favorevole – e non la mera astensione – a un eventuale governo socialisti- Ciudadanos. Quest’ultimo ha anche ventilato – ma non esplicitamente messo sul piatto – l’entrata di Rivera nell’esecutivo, cosa alla quale Iglesias ha rinunciato. A complicare ulteriormente le trattative, le accuse a Podemos– ancora tutte da dimostrare – lanciate da vari media di centrodestra, di aver incassato ingenti finanziamenti illeciti – oltre sette milioni di euro – dal Venezuela di Hugo Chávez. Tra il 2003 e il 2010, Caracas avrebbe pagato il Centro de Estudios Políticos y Sociales – per cui hanno lavorato tutti i dirigenti del partito – per creare una “costola” bolivariana in Spagna. In realtà, l’unico dato provato sono le consulenze – mai negate – da Iglesias e altri studiosi del Centro al defunto presidente. Anche se la scelta dei tempi per la diffusione di tale presunto scoop risulta quantomeno sospetta, Ciudadanos è pronto a crederci. Da qui nuove scintille e risposte piccate di Iglesias. Lo scenario, già intricato, si è complicato con il deferimento del premier Mariano Rajoy alla Corte Costituzionale per il rifiuto di sottomettersi al controllo parlamentare. Non sono proprio le premesse migliori per arrivare a un accordo entro un termine che si fa ogni giorno più risicato. Entro il 2 maggio i partiti devono presentare una maggioranza al Congresso. In caso contrario, si dovrà tornare alle urne. Nella speranza che, stavolta, il verdetto sia meno confuso. © RIPRODUZIONE RISERVATA