Spagna. Il governo di Madrid «decapita» la Catalogna. Proteste. Cosa succede ora
Il passo è compiuto. Da oggi, la politica spagnola entra in una “terra sconosciuta”. Per la prima volta, in 39 anni di democrazia, il
governo centrale ha deciso di sospendere l’autonomia di una regione, in questo caso la Catalogna. La richiesta sarà approvata – il voto è scontato – dal Senato venerdì. Già da ora, però, il Paese e la regione entrano in uno “stato di eccezione”, rispetto all’ordinamento istituzionale. I cui effetti sembrano destinati a durare molto più dei sei mesi entro i quali il premier Mariano Rajoy convocherà nuove elezioni in Catalogna. Lo scontro tra Madrid e Barcellona, dunque, s’è caricato di un’intensità tale che rischia di condizionare la vita pubblica nazionale per i prossimi anni. La sospensione dai propri incarichi del presidente regionale “ribelle”, Carles Puigdemont, e della sua giunta nonché la “messa sotto tutela” del Parlament (Assemblea regionale) riusciranno, con ogni probabilità, a “frenare” il processo separatista. Nel breve periodo. Nel lungo, però, esso sembra destinato a riemergere, potenziato. A meno che, nel frattempo, al di là delle misure eccezionali, non si avvii un vero dibattito politico. Ma quello che si è innescato, per molti è un processo terribile. E qualcuno è arrivato a parlare di “Bomba atomica della democrazia”, l’arma finale per difendere la
democrazia, l’integrità della nazione, devastandone però forse per sempre i principi. (Lucia Capuzzi)
I fatti
Il governo centrale spagnolo di Mariano Rajoy, riunito in un Consiglio dei ministri durato un paio di ore, ha deciso di fare ricorso all'Articolo 155 della Costituzione per revocare una serie di prerogative della Generalitat della Catalogna, il governo regionale autonomo, dopo che questo ha fatto votare un referendum per l'indipendenza.
La cronaca
Nel pomeriggio, alle 17, 450mila catalani si sono ritrovati sul Passeig de Gracia, nel centro di Barcellona, e hanno dato vita a una grande manifestazione convocata dal Tavolo per la Democrazia contro il commissariamento della Catalogna deciso da Madrid e contro la detenzione dei due leader indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart. Fra i manifestanti c'è anche il presidente Carles Puigdemont, che è stato accolto ma applausi e grida di appoggio, e ha preso la testa del corteo.
Da questa manifestazione è partito un appello all'Unione Europea per denunciare il "colpo di stato" del premier spagnolo Mariano Rajoy e la detenzione dei leader indipendentisti e "detenuti politici" Jordi Sanchez e Jordi Cuixart. I manifestanti chiedono alla Ue di "aiutare la Catalogna, salvare la Spagna, salvare l'Europa". E un testo letto dal palco ha avvertito che "oggi non è morta
l'autonomia catalana, è morta la democrazia in Spagna".
L'associazione della stampa della Catalogna ha denunciato la presa di controllo da parte dei rappresentanti dello Stato spagnolo delle Radio-tv pubbliche catalane, Tv3 e Catalunya Radio, prevista dal pacchetto di misure di commissariamento annunciato oggi da Madrid. Per l'associazione si tratta di "un attacco alla libertà di espressione".
Anche il presidente basco, il Lehendakari Inigo Urkullu, ha condannato come "sproporzionate" e "estreme" le misure contro la Catalogna decise oggi dal premier spagnolo Mariano Rajoy. Urkullu, che negli ultimi giorni si era proposto come mediatore fra Barcellona e Madrid, ha detto che Rajoy "brucia i ponti" ed ha espresso l'appoggio del governo basco al presidente catalano Carles Puigdemont.
La risposta di Puigdemont
Il leader ha tenuto un appassionato discorso in tv in serata, «È il peggior attacco dopo la dittatura di Franco», ha detto in catalano e annunciato una reazione della regione. Questa verrà discussa nella prossima riunione del Parlament, probabilmente già martedì. Poi, prima di concludere, ha rivolto un appello in spagnolo e in inglese ai democratici di Spagna e Europa, esortandoli a non lasciare sola la Catalogna.
Cosa succede ora
Conseguenza diretta di questo passo - che era concordato tra il Partito popolare, il Partito socialista e il movimento Ciudadanos - è la sospensione del presidente della Generalitat Carles Puigdemont e di tutto il suo esecutivo, oltre che la convocazione delle elezioni nella regione entro sei mesi.
Gli obiettivi della riunione di oggi erano quattro: ripristinare la legalità, garantire la neutralità delle istituzioni, preservare i servizi pubblici e la ripresa economica e difendere i diritti di tutti i catalani.
Parola al Parlamento
Il governo di Madrid ha accusato la Generalitat di aver disobbedito agli obblighi di legge, danneggiando seriamente l'interesse generale della Spagna; ha lamentato il deterioramento della coesistenza in Catalogna e il danno economico provocato dall'esodo di imprese che hanno lasciato la regione con notevoli conseguenze economiche. L'esecutivo di Rajoy ha comunque assicurato che non ci saranno limitazioni della libertà personale. Le misure decise dal governo dovranno essere approvate a maggioranza assoluta in Senato riunito in sessione plenaria. Giovedì o venerdì l'applicazione dell'Articolo 155 potrebbe essere definitivamente approvata.
Il premier Rajoy: non c'è dialogo al di fuori della legge
Rajoy, alla fine della riunione, è apparso in una conferenza stampa per spiegare i dettagli. Il premier ha affermato che il processo che ha portato al referendum è stato "un processo unilaterale, contrario a quello di chi ha cercato il confronto". E ha continuato: "La sensazione è che alcuni desideravano raggiungere questa situazione, nella quale si applica l'articolo 155 della Costituzione: la Generalitat non poteva fare di peggio", ha detto Rajoy. "Non era né il nostro desiderio, né la nostra intenzione (arrivare a questo punto)".
Per quanto riguarda invece il tentativo di dialogo, Rajoy ha accusato Barcellona di aver tentato d'"imporre" al governo spagnolo e che non c'è stato un vero e proprio dialogo, il quale se praticato "al di fuori della legge è profondamente antidemocratico".
Cosa prevede l'articolo 155
L'Articolo 155 della Costituzione, insieme al titolo VIII sull'organizzazione del territorio dello Stato, costituisce il modo con cui lo Stato Spagnolo tutela ciò che è espresso nell'articolo 153 della Costituzione che parla del ruolo delle Comunità Autonome Spagnole. Questo articolo dice che se un governo regionale non rispetta i suoi obblighi o "agisce in modo da minacciare seriamente l'interesse dell'intera Spagna", allora Madrid "può intraprendere le necessarie misure per obbligarla in modo coatto ad adeguarsi o a proteggere tale generale interesse". In sostanza, l'articolo 155 stabilisce che lo Stato, in questo caso il governo di Madrid, può assumere "il controllo di istituzioni politiche e amministrative della regione ribelle". Secondo i costituzionalisti le misure possibili vanno dalla "sospensione del governo regionale al sottomettere i Mossos d'Esquadra (la polizia catalana) agli ordini del ministero dell'Interno centrale", sino alla "chiusura del parlamento regionale e la convocazione di elezioni regionali anticipate.
Gli scenari 1. Autorità affidata a un governo di transizione
Sospesa l'autonomia, la Catalogna sarà guidata da un'autorità governativa di transizione che diventerà la prima autorità dello Stato nella regione, soppiantando il presidente della Generalitat. È probabile che il governo di Madrid non rimuoverà Puigdemont dalla sua posizione, limitandosi a trasferirne i poteri alla nuova autorità. In particolare le attività dei singoli assessorati della Catalogna verranno rilevate dal governo spagnolo che gestirà le attività quotidiane attraverso i delegati nominati dai singoli ministeri. Quel che preoccupa Madrid è se i funzionari locali obbediranno ai responsabili statali, ma probabilmente sì considerato che finora, salvo sporadiche resistenze, lo hanno fatto. Perché il sistema funzioni però il Parlament dovrà essere disciolto, in modo che non ci siano due poteri.
2. Nuove elezioni in Catalogna
Una volta normalizzata la generalitat, il governo comunicherà davanti al Senato che l'obiettivo ultimo dell'intervento è la convocazione di nuove elezioni in Catalogna, dopo le quali la regione recupererà la sua autonomia. L'esecutivo non ha ancora deciso se stabilire già una data per il voto oppure fissare un lasso di tempo, per esempio tre mesi, o magari limitarsi ad assicurare che si terranno nel più breve tempo possibile.