Spagna. Giudice non lo libera: eseguita in carcere l'eutanasia
Eugen Sabau, 46 anni, aveva lavorato come guardia giurata
Madrid Colpito da «tetraplegia irreversibile», gli è stata negata la libertà condizionale alla vigilia dell’eutanasia, per «l’elevato rischio di fuga». Ha suscitato molte polemiche in Spagna l’autorizzazione alla morte assistita concessa a Marin Eugen Sabau, 46 anni, di origini rumene, meglio conosciuto come «il pistolero di Tarragona».
L’eutanasia è stata eseguita ieri alle 14,30 nel reparto ospedaliero del penitenziario di Terrassa (Barcellona), dopo che sono stati respinti tutti i ricorsi alla giustizia presentati dalle vittime per fermarla perché fosse processato. Il primo caso di suicidio assistito di un detenuto in carcere preventivo accusato di gravi reati ha acceso il dibattito fra i giuristi. Segna un importante precedente, dopo l’entrata in vigore – il 25 giugno 2021 – della legge che legalizza l’eutanasia, se richiesta da pazienti in situazione di «sofferenza grave, cronica e impossibilitante o malattia grave e incurabile, che causa un patimento intollerabile». L’ex vigilante privato con la passione per le armi, dopo essere stato licenziato, lo scorso 14 dicembre fece irruzione negli uffici dell’impresa Securitas, nel centro di Tarragona. E sparò contro tre colleghi, ferendoli gravemente, per poi darsi alla fuga. Durante l’inseguimento, Sebau aprì di nuovo il fuoco contro un agente della polizia catalana.
E, dopo essersi trincerato con varie armi in una masseria abbandonata, fu «neutralizzato» dai Geo, che gli spararono contro alcuni proiettili. Uno gli provocò una lesione midollare irreversibile rendendolo tetraplegico, sofferente per dolori costanti, non attenuati dai sedativi. L’uomo fu trasferito all’ospedale del penitenziario di Terrassa, dove è rimasto fino alla fine in carcere preventivo, accusato di 4 tentati omicidi. Aveva sollecitato due volte l’eutanasia. L’ultima lo scorso 28 giugno, quando aveva ricevuto il via libera medico e, poi, l’autorizzazione della Commissione di valutazione e garanzia. Una decisione che le vittime del «pistolero» – l’agente dei Mossos e il sindacato Uspac, parti civili – hanno tentato di bloccare nei tribunali, reclamando la tutela giudiziaria effettiva perché l’accusato fosse prima processato e venissero riconosciuti i danni. Ma il Tribunale di Tarragona ha rigettato i ricorsi, considerando «prevalente il diritto alla dignità e all’integrità fisica e morale dell’indagato rispetto al diritto alla tutela effettiva dei denuncianti ».
E la Corte costituzionale ha avallato la decisione, respingendo l’impugnazione richiesta per «l’inesistenza di violazione di un diritto fondamentale suscettibile di protezione», a fronte della deliberazione giudiziaria motivata. Per i tribunali la legge sull’eutanasia non fa alcun riferimento a persone coinvolte in processi giudiziari. Come «diritto fondamentale», la morte assistita è un procedimento amministrativo, valutato da una commissione, per cui non è necessaria l’autorizzazione di un giudice. Eugen Sabau non ha potuto trascorrere le ultime ore di vita in libertà, come aveva richiesto la sua difesa.
La gip di Tarragona ha rigettato lunedì sera la petizione – sostenuta anche dalla Procura – in un’ordinanza in cui rilevava che la libertà del detenuto non avrebbe «alterato troppo» la sua situazione. Poiché Sabau sarebbe passato dall’ospedale del penitenziario a un nosocomio ordinario, ma senza vigilanza di polizia. Il che avrebbe comportato «un elevato rischio di fuga», qualora fosse stato aiutato da amici o congiunti a dileguarsi. Il detenuto non si era pentito né aveva chiesto perdono per l’attacco. Il 18 agosto anche la Corte europea per i diritti umani ha rigettato il ricorso delle vittime, motivando che la morte dell’aggressore non avrebbe comportato per loro un danno irreparabile. Accompagnato dai familiari, Sabau si è spento dopo aver lasciato una lettera d’addio. Per sua volontà sono stati donati gli organi.