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Dossier Caritas. Somalia, un milione in fuga nel 2020

Paolo M. Alfieri venerdì 23 ottobre 2020

Un Paese in cui «la pericolosa sinergia di violenza e cambiamenti climatici produce i suoi effetti più devastanti». In cui «all’insicurezza, al gran numero di sfollati interni (2,6 milioni) e di rifugiati all’estero (più di 800 mila), alla carenza di tutti i servizi sociali» si devono sommare «le sempre più frequenti carestie dovute a siccità, inondazioni e altre catastrofi (come la recente invasione di locuste) » che la colpiscono in modo ricorrente. Tanto che «nei primi otto mesi del 2020 circa 700mila persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case per le alluvioni e altre 200mila a causa di espulsioni, insicurezza, violenze».

È il ritratto di una Somalia drammaticamente instabile quello che viene emerge dall’ultimo dossier Caritas intitolato, non a caso, «Nazione a frammenti. Crisi perenne di un popolo senza Pace». Un documento lucido, pieno di dati e storie, diffuso ieri a 25 anni esatti dall’omicidio di Graziella Fumagalli, medico e capo progetto di Caritas Italiana, coordinatrice del centro anti–tubercolosi di Merca. Il dossier fa il punto sulla crisi istituzionale, sociale e umanitaria che la Somalia attraversa dalla caduta del regime di Siad Barre, nell’ormai lontano 1991. Una situazione che mai viene affrontata nei grandi summit internazionali e che sembra non interessare a nessuno.

Nel silenzio del mondo è stato Papa Francesco, lo scorso 29 dicembre, a ricordare la tragedia del Paese, pregando per la Somalia ferita al cuore in quei giorni dall’ennesimo attentato terroristico che nella capitale Mogadiscio aveva tolto la vita a oltre un centinaio di persone. Il Pontefice in quell’occasione aveva espresso vicinanza ma anche condanna per un gesto folle, «orribile», rivendicato dagli islamisti di al-Shabaab. Ma l’estremismo islamico, nelle diverse forme assunte in Somalia negli ultimi tre decenni, è solo uno dei fenomeni che hanno contribuito a devastare quello che è stato a più riprese definito un «failed state», uno Stato «fallito». La frammentazione dei suoi clan, gli interessi dei signori della guerra, un governo centrale mai veramente riconosciuto a livello locale e la vulnerabilità agli choc climatici sono tutti aspetti che minano la stabilizzazione e che rendono un terzo della popolazione dipendente dall’assistenza umanitaria.

E dire che, nonostante le difficoltà, prima della pandemia del Covid–19, l’economia della Somalia non solo era in forte crescita, ma si era ormai consolidata anche la ripresa in seguito alla siccità del 2016-17. La crescita economica per il 2019 ha avuto un tasso stimato del 2,9% e le previsioni per il 2020 erano del 3,2%. Ma la pandemia ha interrotto questo trend e il futuro resta più che incerto. In mezzo a questo disastro umanitario importanti sono state in questi anni le iniziative della stessa Caritas Italiana: complessivamente dal 2011 al 2020 sono stati realizzati progetti per oltre 2,5 milioni di euro. Impossibile non menzionare poi la presenza della Chiesa in Somalia, composta da una piccola comunità costretta a vivere nel nascondimento per paura delle rappresaglie dei fondamentalisti islamici. Molte anche le vittime, da monsignor Salvatore Colombo a padre Pietro Turati dalla missionaria laica Annalena Tonelli a suor Leonella Sgarbati e molti altri, che, come la stessa Graziella Fumagalli, hanno versato il loro sangue nel servizio dei malati, dei poveri e della giustizia.