Non si tratta di una questione esclusivamente somala. Qui è in gioco la sicurezza del mondo intero». Il premier britannico David Cameron ha esordito così alla Conferenza sulla Somalia che si è svolta ieri a Lancaster House – la sede di rappresentanza londinese del governo britannico– dove si sono date appuntamento 50 delegazioni, tra rappresentanze nazionali e organizzazioni internazionali come Onu e Fmi. È la seconda volta che Londra ospita l’evento, organizzato assieme al presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud e che ha l’ambizione di raccogliere fondi (sono stati promessi 73 milioni di euro) e formare alleanze per aiutare il Paese africano a risollevarsi da due decenni di conflitti.«Sono felice di poter dire – ha annunciato Cameron, che ha presieduto con il leader somalo la Conferenza – che la Gran Bretagna si impegnerà a investire 10 milioni di sterline (circa 12 milioni di euro) per lo sviluppo delle forze armate somale e 14.5 milioni di sterline (circa 17 milioni di euro) per raddoppiare il numero di poliziotti e per la formazione di giudici e avvocati». Anche l’Unione Europea stanzierà aiuti per 44 milioni di euro, volti a rafforzare il sistema giudiziario e della sicurezza somala. Lo ha spiegato il commissario europeo per lo Sviluppo, Andris Piebalgs. «Un sistema giudiziario credibile – ha detto – sarà fondamentale per la costruzione di un ambiente più sicuro e il ripristino della fiducia dei cittadini nello Stato». Londra ha visto anche l’esordio all’estero del neoministro Emma Bonino che ha confermato il «fortissimo impegno italiano a sostegno del processo di stabilizzazione della Somalia» sottolineando il ruolo importante dell’Italia «sia a livello bilaterale che nell’Ue». Ritengo – ha detto – che il nostro Paese possa e debba avere un ruolo bilaterale e all’interno dell’Ue, ma dobbiamo anche mettere insieme le forze e ogni sostegno è benvenuto». Il ministro degli Esteri ha poi ricordato i temi che stanno più a cuore alla comunità internazionale tra cui «l’assetto che si ritiene debba essere di tipo federale e la sicurezza». Ma tra le priorità, è andata avanti , ci sono anche «il rispetto dei diritti umani e la violenza sulle donne, che deve essere assolutamente tenuta in considerazione». Dal canto suo, il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud ha detto che il governo, insediato nel novembre scorso, prenderà completo controllo della sicurezza entro il 2015. Attualmente, l’esecutivo dipende da 18mila truppe dell’Unione Africana per rimanere al potere. Il nuovo governo è il primo in più di due decadi a essere riconosciuto dagli Stati Uniti e dal Fondo monetario internazionale. Mohamoud ha sottolineato come le basi di una nuova Somalia «siano state gettate» alla prima conferenza ospitata sempre da Londra l’anno scorso. «Il periodo transitorio in Somalia è finito – ha detto – e oggi sono qui come il presidente eletto di una nazione sovrana». Mohamud è diventato presidente nel settembre del 2012, prima di allora, dalla caduta di Siad Barre, nel 1991, gruppi rivali, soprattutto i cosiddetti “signori della guerra”, e gli estremisti islamici si sono combattuti per il controllo del Paese. «Dopo aver vinto la guerra – ha continuato il leader africano – servirà tanta pazienza e tanto lavoro per arrivare alla pace, ma siamo ottimisti».Mohamoud ha anche rassicurato le nazioni donatrici dicendo che il governo somalo ha ormai gettato le basi di un meccanismo per la gestione delle finanze pubbliche in modo da assicurarsi che i soldi dei donatori saranno spesi correttamente. Una mossa approvata subito da Cameron. «È importante fare il possibile – ha sottolineato il premier britannico – per assicurarsi che gli aiuti arrivino alle persone che ne hanno bisogno e questo è difficile in un Paese che per tanto tempo non ha avuto un governo funzionante. E va detto che il presidente sta facendo moltissimo per promuovere trasparenza».Ma ancora molto deve essere fatto in un Paese dove ogni giorno centinaia di donne vengono stuprate, dove la gente continua a morire di fame e gli attentati terroristici sono spesso la quotidianità. Da Londra – dove, va notato – erano assenti le delegazioni del Somaliland e del Puntland che si sono staccati dalla Somalia – nasce sì la consapevolezza che passi in avanti si sono fatti, ma molto resta purtroppo da fare al di là dei toni celebrativi della Conferenza londinese. «La Somalia – sottolineava amaramente ieri il corrispondente della
Bbc da Mogadiscio – ha ancora tante piaghe da sanare. La sicurezza deve senz’altro essere tra le priorità ma le urgenze sono altre e tra queste ci sono soprattutto la violenza sulle donne e la carestia, che tra il 2010 e il 2012 ha fatto 260mila morti».