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Africa. Somalia, il tragico ritorno jihadista

Paolo Lambruschi sabato 10 agosto 2024

Il dolore di una donna somala

Mohammed Muse era un rifugiato arrivato in Italia dalla Somalia nel 2011. È rimasto solo un anno nel nostro Paese, poi è riuscito a trasferirsi in Svezia dove ha ottenuto asilo, trovato lavoro e si è rifatto una vita. Dopo 14 anni è ritornato a Mogadiscio per rivedere la famiglia. Ma la sera di venerdì 3 agosto suo fratello lo ha portato a a fare una passeggiata alla spiaggia oceanica del Liido, il quartiere del divertimento costruito dai colonizzatori italiani e che dopo il tramonto diventa ritrovo della gioventù somala. Quella sera un kamikaze passato attraverso le maglie della sicurezza si è fatto esplodere tra la folla e un commando di terroristi ha iniziato a sparare sulla folla inerme davanti al Beach View hotel. Così Mohammed ha trovato la morte per mano dei terroristi di al-Shabaab dalla cui violenza era fuggito 14 anni fa. Lui e il fratello sono infatti tra le 40 vittime (numero che pare sottostimato perché ci sono stati centinaia di feriti) dell’attentato degli shabaab, la franchigia somala di al-Qaeda, del 3 agosto contro i civili.Vittime del risiko africano, un pezzo della terza guerra mondiale di cui il risveglio dei jihadisti somali è un tassello. «I jihadisti hanno mostrato il loro vero volto – conferma Abdullahi Ahmed, rifugiato somalo e consigliere comunale a Torino, nativo di Mogadiscio – perché nel resto della giornata hotel e ristorante sono frequentati da diplomatici e politici».

La risposta della capitale somala, che non vuole rinunciare al sogno della normalità è stata forte. Lunedì 5 agosto una manifestazione di centinaia di cittadini di Mogadiscio al Liido ha detto «no» al terrorismo. L’attentato è stato possibile per le numerose falle nell’apparato di sicurezza, evidentemente infiltrato dai terroristi. Tanto che il premier somalo Hamza Abdi Barre ha annunciato l’arresto di diversi ufficiali di polizia e dell’esercito responsabili dei check pointattorno al Liido che non avrebbero fermato i jihadisti. In un Paese dove, secondo l’Onu, un terzo della popolazione dopo 30 anni di guerra civile dipende dagli aiuti umanitari e dove 1,5 milioni di bambini sono affetti da malnutrizione. Cosa si cela dietro il ritorno della violenza di al-Shabaab contro i civili a Mogadiscio? Da qualche mese la guerra totale al gruppo terroristico - che controlla diversi territori della Somalia centro meridionale imponendo la Sharia ed estorcendo denaro alla popolazione per finanziarsi - dichiarata dal presidente Hassan Sheikh ha rallentato. E al-Shabaab si sta rafforzando militarmente.Un report pubblicato a metà giugno dell’intelligence Usa denuncia accordi tra gli Houthi yemeniti e al-Shabaab per la vendita di armi al gruppo terrorista somalo, tra cui i droni che farebbero fare un tragico salto di qualità ai jihadisti. Armi di provenienza russa e iraniana. Sarebbe un “matrimonio di convenienza” quello tra Houthi sciiti e gli shabaab sunniti, affacciati su rive opposte del Golfo di Aden e uniti dal comune nemico statunitense, del quale il governo di Hassan Sheikh è un grande alleato e che iraniani e russi vorrebbero scalzare dal Corno. Una situazione che prefigura scenari di guerra nel Mar Rosso dove passa il 10% del traffico commerciale globale e dove, oltre agli attacchi degli Houthi alle navi Usa occidentali, da mesi si segnala il ritorno della pirateria somala legata ad al-Shabaab. Ci sono altri attori in campo, come Emirati Arabi e Russia che sono sostenitori del governo etiope, da mesi in rotta con Mogadiscio per aver stretto un accordo con lo stato secessionista del Somaliland per l’affitto di un porto e di 20 chilometri di costa per avere sbocco al mare. Iniziativa che per la Somalia è un attacco alla sua integrità territoriale.

La Turchia, venditrice di droni ad Addis Abeba e con la quale Mogadiscio ha recentemente rinnovato l’accordo con cui delega ad Ankara il pattugliamento delle coste sta cercando di comporre la crisi. La rivalità tra Emirati e Turchia alimenta la crisi anche nel Sudan dilaniato dalla guerra civile. Abu Dhabi, oltre che ai porti, è interessata ai terreni agricoli sudanesi per le scorte di grano. Ankara sostiene l’esercito mentre gli Emirati spalleggiano le milizie delle forze di supporto rapido con le quali sono schierati i russi della ex Wagner corporation, oggi Afrika korps, interessati all’oro in Darfur e in Mali per pagarsi la guerra in Ucraina e sconfitti a luglio nel nord maliano dai ribelli tuareg, addestrati da Kiev tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024. Lo ha riportato il Washington Post parlando della rottura delle relazioni diplomatiche tra Bamako e Kiev. Seguita da quelle tra il filorusso Niger, solidale con il Mali, e l’Ucraina. Pedine di un gioco che da una costa all’altra sta vorticosamente cambiando gli scenari in Africa subsahariana.