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Regno Unito. In prigione i capi delle aziende tech che non proteggono i minori online

Silvia Guzzetti martedì 17 gennaio 2023

Il Regno Unito sta per approvare una legislazione che lo renderebbe uno dei Paesi più sicuri nel mondo per i minori online

Il Regno Unito potrebbe diventare uno dei Paesi nel mondo dove i minori sono più al sicuro online se la nuova legislazione, l'"online safety bill", arrivata a Westminster, per la prima volta, a marzo dello scorso anno quando premier era ancora Boris Johnson verrà finalmente approvata. Oggi comincia alla Camera dei Comuni la fase del "third reading", l'esame di tutti gli emendamenti prima del voto finale e del passaggio ai Lords che la esamineranno in ogni dettaglio. La nuova normativa punta ad evitare che gli adolescenti vengano adescati e travolti da materiale dove si istiga al suicidio, si promuovono anoressia e bulimia e si diffondono abusi sessuali su minori. La legislazione viene osservata con attenzione dai responsabili delle società tecnologiche americane.

Una prima versione, che è stata più volte modificata, prevedeva già il carcere per i dirigenti delle società più importanti che è stato poi sostituito da multe salate. Il cambiamento era dovuto al timore che, se fosse rimasta la detenzione come punizione, molte aziende avrebbero abbandonato il Regno Unito, ritenuto troppo rigoroso in questo settore. Un gruppo di cinquanta deputati, tuttavia, insieme al partito laburista che ha scelto di sostenerli, hanno deciso di ribellarsi al governo e di introdurre un emendamento che avrebbe visto il governo sconfitto se, nella legislazione, non fosse stata reintrodotta la prigione per i top manager tecnologici che non proteggono i minori. La legge non sarebbe, quindi, mai stata approvata.I deputati ribelli hanno deciso di fare marcia indietro soltanto dopo un incontro, durante il fine settimana, con la ministra della cultura Michelle Donelan che li ha assicurati che la detenzione come punizione sarebbe stata reintrodotta.

La nuova legislazione, proposta per la prima volta nel 2019, raggiunge il difficile equilibrio tra la necessità di proteggere il diritto di espressione e quella di garantire che chi usa internet, soprattutto i minori, non venga danneggiato da contenuti pericolosi. Nella normativa le piattaforme di social network vengono trattate come ambienti di vita vera che devono seguire regole rigorose per proteggere la salute e la sicurezza degli utenti di questi ambienti. Insomma "Facebook", "Instagram" e gli altri social dovranno assumersi la responsabilità di garantire che chi li usa non subisca abusi o non riceva informazioni non vere. La nuova normativa costringe queste aziende a condividere i loro criteri di controllo del materiale online e i risultati di questo monitoraggio con "Ofcom", l'ente regolatore del settore telecomunicazioni nel Regno Unito che ha già assunto centinaia di nuovi dipendenti proprio per questo lavoro. Le conclusioni di "Ofcom" sul modo nel quale i social network operano verranno, poi, pubblicati sulle piattaforme nella sezione nella quale gli utenti possono trovare tutte le regole sul modo in cui l'azienda opera.

A condurre una campagna perché i responsabili dei social network vengano puniti in modo più severo è stato anche Ian Russell, il papà di Molly Russell, una ragazzina di quattordici anni che si è suicidata nel 2017 dopo aver guardato materiale che promuoveva l’autolesionismo su “Instagram” e “Pinterest”. L’inchiesta sulla sua morte ha concluso, infatti, che i contenuti online che la ragazzina stava guardando avevano contribuito alla depressione che le è costata la vita. “Questa legislazione è molto importante”, ha dichiarato Ian Russell, “perché sono convinto che, senza una normativa adeguata, l’industria tecnologica non introdurrà mai i controlli necessari a prevenire un’altra morte come quella di mia figlia. La risposta di “Pinterest”, azienda padrone di “Snapchat”, e “Meta”, che possiede “Instagram”, alle richieste fatte dai giudici a conclusione dell’inchiesta sulle ragioni che hanno portato Molly a uccidersi è stata di introdurre piattaforme separate per adulti e minori ma questa misura non è sufficiente”.