Un’altra strage in Siria, ad allungare la serie degli orrori: i corpi di una quarantina di persone, giustiziate con colpi di arma da fuoco alla nuca, sono stati rinvenuti nei pressi di Damasco. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locali, precisando che i corpi sono stati trovati nei sotterranei della moschea Omar di Muaddamiya, sobborgo a sud-ovest della capitale siriana.Nella cittadina, roccaforte dei ribelli, blindati e carri armati dell’esercito di Damasco sono entrati sin da ieri mattina. I militari, riferiscono più fonti dell’opposizione, sono penetrati nel sobborgo di primo pomeriggio protetti dai blindati, dando fuoco ai negozi, alle abitazioni civili e uccidendo i civili in fuga. Della battaglia a Muaddamiya l’agenzia ufficiale Sana non fa però alcun cenno. La strage in una giornata che, secondo i Comitati di coordinamento locali, ha fatto altre 140 vittime nel Paese: oltre che a Muaddamiya, altri 18 uccisi si contano a Daraa nel sud, una dozzina a Dayr az Zor nell’est, una quarantina ad Aleppo, vitime pure ad Homs, Latakia e Idlib. Una situazione che accresce l’emergenza umanitaria, come ha denunciato ieri la coordinatrice della Caritas del Medio Oriente, Rosette Hechaimé: «Damasco è una città asfissiata» mente in tutto il Paese mancano viveri e medicinali.Si accresce pure il tributo di sangue della stampa internazionale: anche il cameraman turco Cuneyt Unal, disperso da lunedì, secondo
al-Jazeera sarebbe morto ad Aleppo, colpito nello stesso attacco in cui è stata uccisa la reporter di guerra giapponese Mika Yamamoto, 45 anni, una veterana del giornalismo di guerra, con esperienze in Afghanistan e Iraq. La reporter era rimasta intrappolata in una sparatoria tra lealisti e ribelli nel quartiere di Suleyman al-Halabi, dove avrebbe subito una lesione letale da arma da fuoco al collo. L’assalto, ha riferito il collega Kazutaka Sato, era condotto da «persone in tuta mimetica», forse «soldati governativi, che hanno poi preso a sparare all’impazzata da una distanza di 20 o 30 metri». Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani sono dispersi altri tre giornalisti stranieri che si trovavano insieme all’inviata giapponese: due arabi, tra cui una libanese, e un turco.Dopo il severo avvertimento di Obama contro l’uso di armi chimiche ieri Russia e Cina hanno definito «inaccettabile» qualsiasi violazione del diritto internazionale. Poi, a Mosca, dopo un lungo incontro il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il vice-premier siriano Qadri Jamil hanno chiesto l’apertura di una fase di «riconciliazione nazionale». Solo dopo questi meccanismi si potranno eventualmente trattare le dimissioni di Bashar al-Assad. Un intervento militare per Jamil è «impossibile» perché originerebbe un conflitto oltre i confini del Paese. Una risposta indiretta agli avvertimenti di Obama sul possibile uso di armi chimiche: «L’Occidente cerca una scusa per un intervento armato in Siria. Se questa scusa non funziona, ne troveranno altre. Ma noi diciamo che questo non è possibile», ha aggiunto Jamil facendo paragoni con quanto successo in Iraq. Immediata la replica della Casa Bianca: «Qualunque uso o tentativo di proliferazione» di armi chimiche «sarebbe un grave errore» perché ci sono «obblighi internazionali importanti che il regime siriano è chiamato a rispettare».