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Allarme Unicef. Siria, un milione di minori sotto assedio

martedì 11 marzo 2014
Il numero dei bambini colpiti dal conflitto in Siria è più che raddoppiato in un anno passando da 2,3 milioni ad oltre 5,5 milioni. Lo ha denunciato oggi il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (Unicef) in un rapporto intitolato "Sotto assedio. Il devastante impatto di tre anni di conflitto in Siria sui bambini". Un minorenne siriano su 10 - pari a più di 1,2 milioni - è stato costretto a cercare rifugio negli Stati vicini, mentre il numero di minorenni sfollati all'interno della Siria è più che triplicato in un anno ed è salito a tre milioni. "Dopo tre anni di disordini e di conflitto, la Siria è tra i posti più pericolosi del mondo per un bambino. Migliaia e migliaia di bambini hanno subito amputazioni o perso la loro vita e praticamente ogni aspetto della loro infanzia", dalla casa alla scuola ai loro cari, si legge nel documento.Il rapporto stima, prudentemente, in almeno 10 mila il numero di bambini uccisi ed evoca episodi nei quali bambini e donne incinte sono stati deliberatamente feriti o uccisi da cecchini. Particolarmente colpiti sono i bambini ed i ragazzi - stimati in circa un milione - che sopravvivono in aree della Siria sotto assedio o difficili da raggiungere per l'assistenza umanitaria.Ed anche tra i rifugiati la situazione è estremamente difficile. Un bambino siriano rifugiato su dieci deve lavorare invece di andare a scuola e i matrimoni precoci riguardano adesso una ragazza su cinque tra i rifugiati in Giordania. Il rapporto ammonisce che il futuro dei 5,5 milioni di bambini siriani è a rischio: la violenza, il crollo dei servizi sanitari ed educativi (circa tre milioni dei bambini in età scolastica non vanno a scuola, pari al 40%), il grave stress psicologico e l'impatto economico rischiano infatti di "devastare una generazione".Riuniti i vescovi di Siria.  Si riunisce mercoledì a Raboueh, in Libano, presso la sede del Patriarcato greco-melchita, l'assemblea dei vescovi cattolici di Siria. Lo conferma all'agenzia Fides l'arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati. La riunione, sotto la presidenza del patriarca greco-melchita Gregorios III Laham, saràdedicata in particolare alle iniziative messe in campo dalla Caritas per venire incontro alle tante tragedie e sofferenze che affliggono la popolazione siriana nel Paese devastato dalconflitto armato.A tre giorni dalla liberazione delle suore. La riunione si tiene a tre giorni dalla liberazione delle suore greco-ortodosse di Maalula che ha suscitato gioia in tutte le comunità cristiane mediorientali. "Adesso - sottolinea l'arcivescovo Marayati - c'è da auspicare che i canali utilizzati per la liberazione delle suore di Maalula funzionino anche per affrontare e risolvere i casi di vescovi, sacerdoti e religiosi rapiti in Siria durante il conflitto". Nelle trattative per liberare le suore hanno giocato un ruolo preminente i servizi di sicurezza libanesi. Oltre ai vescovi metropoliti di Aleppo Boulos al-Yazigi (greco-ortodosso) e Mar Gregorios Yohanna Ibrahim (siro-ortodosso), tra i sequestrati in Siria figurano ancora il gesuita Paolo Dall'Oglio, il sacerdote armeno cattolico Michel Kayyal e il sacerdote greco-ortodosso Maher Mahfouz.Sono 15 e non 150 le detenute liberate. Lo fa sapere il noto avvocato siriano per i diritti umani Anwar al Bunni: sono 15 e non 15 le detenute politiche siriane liberate dal regime di Damasco in seguito al negoziato col Libano e il Qatar e che ha portato al rilascio delle suore ortodosse dell'antica cittadina di Maaloula e di tre loro ausiliarie, per tre mesi prigioniere di miliziani qaedisti. Da parte sua, il portavoce del governo siriano Umran Zubi ha affermato alla tv di Stato che sono 26 le persone liberate nel quadro dello scambio di prigionieri. Il governo del Qatar, che sostiene i miliziani qaedisti, e alcuni attivisti siriani avevano ieri confermato invece la liberazione di circa 150 prigioniere e dei loro figli nellecarceri siriane. Secondo il quotidiano libanese an Nahar, nelle ultime ore uncentinaio di donne sono state trasferite dalla prigione di Adra, nei pressi di Damasco, e sono in attesa di essere liberate nelle sedi della polizia e dei servizi di sicurezza. Ma le informazioni non possono essere verificate in maniera indipendente.