La Siria è diventata campo di battaglia per miliziani di ogni Paese e di ogni tendenza. Una sorta di internazionale della morte che si sposta di terra in terra. Alcuni sono veterani di mille battaglie, dall'Afghanistan all'Iraq, dalla Somalia al Mali.
Alcune stime parlano di oltre 60mila combattenti
stranieri jihadisti, sunniti e sciiti, che combattono in Siria o a fianco delle milizie anti-regime oppure di quelle fedeli al presidente
Bashar al Assad. Ma pare proprio che ci sia una netta supremazia numerica di mujaheddin filo-regime, che sono circa 40.000.
E in mezzo la popolazione stremata, vittima di entrambe le fazioni.A fare il punto è Riad Qahwaji,
esperto di questioni militari e strategiche. Qahwaji, in un articolo sul
quotidiano panarabo al Hayat, cita fonti autorevoli presenti al
Forum internazionale sulla sicurezza svoltosi a Marrakesh, in
Marocco, il 25 e il 26 gennaio scorsi. Secondo quanto emerso nell'incontro, sarebbero 40mila i
miliziani sciiti giunti in Siria a sostegno del governo per reprimere la rivolta popolare scoppiata nel 2011. I mujaheddin lealisti provengono per lo più da Iran, Iraq,
Libano, Yemen, Afghanistan, Azerbaijan e Pakistan. In gran parte, secondo gli esperti citati da al Hayat, sarebbero stati
addestrati dalle Brigate al Quds dei Pasdaran, i Guardiani della
Rivoluzione iraniana.
Sul fronte opposto, si contano circa ottomila miliziani
sunniti provenienti da Libia, Tunisia, Algeria e Marocco con una
supremazia di quelli libici; almeno cinquemila giunti da
numerosi Paesi europei e altre migliaia originari di altri Paesi
musulmani, per un totale di oltre 20mila mujaheddin.
Leggendo questi dati pare vengano confermate le tesi degli analisti che ritengono di vedere in atto una sorta di grande "guerra civile" islamica, uno scontro senza quartiere tra i sunniti e gli sciiti. Inoltre sullo scacchiere siriano si scontrano gli interessi russi e americani. Che guardano anche ai nuovi giacimenti di gas e petrolio nel Mediterraneo orientale.
Un altro aspetto da non dimenticare è quello segnalato dagli analisti militari americani negli scorsi giorni. Il governo siriano in questa fase appare più intenzionato a colpire gli oppositori moderati e democratici che quelli estremisti. Foto satellitari mostrerebbero infatti una minore intensità dei bombardamenti contro i campi delle formazioni legate ad al Qaeda e ad altri gruppi fondamentalisti, rispetto agli attacchi, più intensi, contro le altre formazioni avversarie.