MEDIO ORIENTE. Fine delle violenze in Siria, accordo tra Damasco e Lega araba
C'è accordo tra Damasco e la Lega Araba per porre fine alla crisi in Siria, dove oltre sette mesi di violenze, secondo dati Onu, hanno provocato almeno tremila morti. Anche oggi è tornato a scorrere il sangue nel Paese. In serata, dopouna giornata di silenzio, la tv di Stato del Paese guidato da Bashar al-Assad ha annunciato che è stato raggiunto un accordo, i cui dettagli verranno resi noti domani al Cairo, dove è in programma una riunione straordinaria della Lega Araba per discutere del dossier siriano.
In mattinata il capo della diplomazia algerina, Mourad Medelsi, aveva anticipato il raggiungimento dell'intesa sull'iniziativa, dopo aver partecipato insieme alla commissione ministeriale della Lega Araba (composta anche dai capi della diplomazia di Qatar, Egitto, Oman e Sudan), a una serie di incontri negli ultimi giorni a Doha e Damasco con i responsabili siriani.
Il piano, secondo i dettagli originari, prevede il ritiro dell'Esercito siriano dalle strade delle città del Paese dopo mesi di proteste antigovernative e sanguinosa repressione, la liberazione di tutti i prigionieri politici arrestati a partire dallo scorso febbraio, l'arrivo in Siria di osservatori della Lega Araba e l'avvio del dialogo al Cairo tra il governo e l'opposizione. Riguardo a questo piano, stando a quanto si legge sul quotidiano governativo siriano al-Thawra, Damasco avrebbe espresso riserve. Una di queste riguarderebbe il dialogo conl'opposizione, che la Siria sembra voler svolgere all'interno dei propri confini.
Un diplomatico arabo a Beirut, interpellato dall'agenzia di stampa Dpa, ha spiegato che le autorità siriane avrebbero formulato di fatto una controproposta all'iniziativa araba. "Il governo siriano - ha affermato - insiste sul fatto che qualsiasi dialogo con l'opposizione siriana debba tenersi all'interno dei confini siriani e non al quartier generale della Lega Araba, al Cairo". Intanto il Consiglio nazionale siriano (Cns, piattaforma di dissidenti in patria e all'estero riconosciuta dal Cnt libico e da una coalizione di partiti egiziani) ha ottenuto il riconoscimento come "rappresentante legittimo del popolo siriano" anche dal partito islamico tunisino al-Nahda, uscito vincitore dalle elezioni del 23 ottobre. In un'intervista alla tv al-Jazeera, il leader di al-Nahda, Rachid Ghannouchi, ha affermato che la Tunisia dovrebbe "chiudere" la rappresentanza diplomatica siriana a Tunisi ed "espellere" l'ambasciatore di Damasco.
"La Siria ha aggiunto nuovi punti al piano proposto dalla Lega Araba, come la fine di quella che i siriani descrivono come una guerra mediatica portata avanti dai due principali canali arabi, al-Arabiya e al-Jazeera, e il blocco del contrabbando di armi dai Paesi vicini, quali il Libano e la Giordania", ha precisato il diplomatico alla Dpa, sottolineando come a Damasco regni la convinzione che il ritiro dell'Esercito dalle strade possa indebolire la posizione dell'amministrazione di Assad, a cui oggi l'Iran ha ribadito il proprio sostegno, mettendo in guardia da "qualsiasi vuoto di potere, che avrebbe conseguenze imprevedibili".
Ma oggi in Siria è continuato a scorrere il sangue. Almeno sei persone, secondo la Dpa, sono state uccise durante nuovi scontri tra truppe governative e soldati disertori e in altre violenze. Nella provincia settentrionale di Idlib, un soldato e un ufficiale sono stati uccisi da uomini armati, che si ritiene siano disertori, in un'imboscata. Nella sparatoria è morto anche un civile. Altre due persone, stando all'Osservatorio siriano per i diritti umani, sono state uccise nella provincia di Homs, nella Siria centrale, da gruppi di sospetti miliziani filogovernativi. Nella città orientale di Dayr az-Zor una persona è stata uccisa dalle forze di sicurezzaintervenute per disperdere una protesta antigovernativa. E nelle ultime ore si è registrata una nuova incursione delle truppe siriane in territorio libanese.