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AFRICA. Siccità, la mortalità infantile cresce del 50%

Matteo Fraschini Koffi giovedì 4 agosto 2011
La tragedia somala si fa ogni giorno più drammatica. Altre aeree della Somalia hanno raggiunto il livello di carestia, l’ultimo dei cinque stadi dell’emergenza umanitaria. Si tratta – secondo quanto rivelato dall’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) – dei distretti di Balcad e Cadale nella regione del Middle Shabelle, oltre al corridoio di Afgoye, e alla comunità di sfollati nella capitale somala Mogadiscio. Non solo. Altre agghiaccianti statistiche arrivano dai campi di rifugiati in Kenya, il Paese che sta maggiormente ospitando il continuo flusso di somali in fuga dalla carestia. «Il tasso di mortalità infantile è in crescita – avverte un nuovo rapporto delle Nazioni Unite pubblicato ieri –. Inoltre sono stati riscontrati tassi molto alti di malnutrizione». Dadaab, una cittadina keniota vicino al confine della Somalia, ha nella sua provincia quattro campi per rifugiati che continuano a ricevere una media di duemila somali al giorno. L’iniziale capienza di 90mila profughi è aumentata fino a raggiungere il record di 400mila disperati in cerca di cibo, acqua e sicurezza. Secondo i dati Onu: «Il tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei cinque anni è salito da 1,2 morti ogni mille bambini a 1,8». Tali statistiche, però, fanno luce solo su quante di queste piccole vittime siano decedute all’interno delle strutture sanitarie dei campi, tralasciando le tante, troppe morti che non sono state registrate dagli operatori umanitari. «Abbiamo lanciato un appello all’industria del trasporto aereo per lo spazio di carico gratuito o fortemente scontato – si legge in una nota di ieri dell’Unicef –. Ci servirà a trasportare i rifornimenti di alimentazione d’emergenza per il Corno d’Africa». Nell’ultima settimana le compagnie aree di Cargolux, Alitalia, British Airways, Lufthansa, UPS, e Virgin, si sono offerte di collaborare. «Questo è un grande esempio del tipo di supporto che stiamo cercando. Speriamo accettino anche altre», ha detto il presidente di Unicef-Italia, Vincenzo Spadafora. Le preoccupazioni sono rivolte soprattutto a Mogadiscio, dove oltre alla carestia, la popolazione deve affrontare le conseguenze di una guerra civile che dura dal 1991. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha potuto distribuire gli aiuti attraverso organizzazioni umanitarie locali, ma riuscire ad avere una visione precisa del loro lavoro è quasi impossibile per via dei continui scontri tra soldati governativi e ribelli. «Tutti i movimenti sono ristretti – afferma Andy Needham, portavoce per l’Acnur-Somalia –. da quando è iniziata l’offensiva militare settimana scorsa».