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LA FINE DI UN'EPOCA. Gli shabaab somali esultano: se ne va «l'invasore»

Matteo Fraschini Koffi mercoledì 22 agosto 2012
La cosiddetta «Guerra globale al terrorismo» promossa dagli Stati Uniti ha perso il suo principale alleato nel Corno d’Africa. La morte del primo ministro etiope, Meles Zenawi, potrebbe infatti avere notevoli ripercussioni in una regione che da anni rischia di diventare un paradiso per il fondamentalismo islamico. A dicembre 2006, l’America ha collaborato e appoggiato l’invasione dell’esercito etiope in Somalia dove l’Unione delle corti islamiche era riuscita a prendere il controllo del Paese sottraendolo ai signori della guerra. Con l’aggravarsi della situazione in Somalia, i servizi di intelligence americani hanno utilizzato l’Etiopia per lanciare numerose operazioni segrete. «La stretta e in gran parte clandestina collaborazione con l’Etiopia punta a una significativa condivisione di informazioni», aveva dichiarato sotto anonimato un responsabile della sicurezza di Washington durante l’Amministrazione dell’ex presidente George W. Bush: «Le informazioni che otteniamo dai nostri satelliti sulle posizioni dei militanti islamici le cediamo alle autorità di Addis Abeba. Membri della Task force 88, un’unità segreta per le nostre operazioni speciali – aveva continuato la fonte – erano direttamente coinvolte nell’avanzata in Somalia da parte dei commando etiopi». Il Pentagono ha ammesso anche che per diversi anni ha addestrato le truppe etiopi in materia di anti-terrorismo. Con l’Amministrazione Obama, la relazione tra Addis Abeba e Washington si è intensificata. L’esercito statunitense ha persino costruito una pista d’atterraggio nel Sud-est dell’Etiopia da cui continua a lanciare droni per raccogliere informazioni e colpire gli estremisti di al-Shabaab e al Qaeda nella regione. Le organizzazioni per i diritti umani hanno inoltre accusato gli americani di gestire «prigioni segrete» in Etiopia che servono a interrogare centinaia di terroristi catturati e trasportati illegalmente dal Kenya e la Somalia.Non a caso ieri, a poche ore dall’annuncio della morte, i primi a reagire contro l’«invasore» sono stati proprio gli shabaab. «La morte di Meles è una buona notizia per i somali, speriamo che Allah lo punisca per ciò che ha fatto al nostro popolo», ha dichiarato il portavoce di al-Shabaab Ali Mohamud Rage a “Radio Andalus”. L’assistenza militare e logistica degli Stati Uniti è servita all’Etiopia anche per contrastare anche il suo nemico storico, l’Eritrea. Addis Abeba è stata più volte accusata di influenzare rapporti e decisioni a livello internazionale contro Asmara. Inoltre, il ruolo di “ceriffo” svolto da Meles Zenawi comprendeva i conflitti in Sudan e Sud Sudan. Migliaia di etiopi stanno partecipando alle missioni di peacekeeping in Darfur, la regione occidentale del Sudan, e in Abyei, al confine tra Sudan e Sud Sudan. «Abbiamo perso un caro amico e un leader di grande esperienza», recitava una nota del ministero degli Affari esteri sudanese, «Meles ha ricoperto un ruolo importantissimo nel mantenere la stabilità e la pace in Sudan».