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Usa. «Sessions vicino alle dimissioni per il Russiagate»

Paolo M. Alfieri mercoledì 7 giugno 2017

Il procuratore generale Usa Jeff Sessions (Ansa)

La relazione di fiducia, un tempo fortissima, tra Donald Trump e Jeff Sessions si sarebbe logorata a tal punto che il procuratore generale avrebbe anche offerto le sue dimissioni al presidente. È quanto riportano i media americani dopo che il New York Times, per primo, ha rivelato che Trump rinfaccia al responsabile della Giustizia, che ai tempi della sua discesa in campo politica è stato tra i primi, e tra i pochi, senatori a schierarsi da subito al suo fianco, la decisione di non occuparsi dell'inchiesta Russiagate. Una decisione che, secondo Trump, avrebbe innescato la catena di eventi che poi ha portato alla nomina del procuratore speciale, Robert Mueller, per l'inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni e i presunti contatti con lo staff della campagna repubblicana.

Era stata proprio questa ragione a spingere Sessions - che aveva partecipato a diversi degli incontri con l'ambasciatore russo a Washington, Sergey Kislayk, al centro dell'attenzione degli investigatori - ad affidare al suo vice, Rod Rosenstein, la supervisione dell'inchiesta, condotta dal Fbi e guidata, fino al suo licenziamento da parte di Trump, dal direttore James Comey. Dopo l'ondata di polemiche provocate da questo licenziamento era stato appunto Rosenstein ad annunciare la nomina di Mueller, predecessore di Comey alla guida del Fbi, cosa che appunto ha scatenato l'ira di Trump.

Covato per mesi, il risentimento del presidente per il fedelissimo Sessions è apparso evidente due giorni fa quando Trump ha postato dei tweet in cui accusa il dipartimento di Giustizia di aver annacquato il suo “muslim ban” presentando una seconda versione politically correct del divieto di ingresso negli Stati Uniti di cittadini di alcuni Paesi a maggioranza musulmana. Secondo le fonti citate dai media, Sessions ha offerto le sue dimissioni durante un ennesimo, tesissimo, incontro privato con Trump e il presidente le avrebbe rifiutate, affermando che, nonostante la sua delusione per la decisione sul Russiagate, aveva ancora fiducia nel suo procuratore generale. Il Dipartimento di Giustizia di solito rappresenta un muro fra la Casa Bianca ed eventuali indagini penali per evitare anche il minimo dubbio di interferenza politica.

L'audizione di Comey



Con l'Amministrazione in difficoltà, Trump si prepara ad affrontare domani la prova dell'audizione di Comey davanti al Congresso. "Gli auguro buona fortuna" ha detto Trump. Secondo indiscrezioni, Comey si limiterà a raccontare i fatti, omettendo conclusioni legali e soprattutto evitando di accusare Trump di ostruzione della giustizia per Michael Flynn, l'ex consigliere alla sicurezza nazionale travolto dal Russiagate. Altre fonti, tuttavia, indicano che Comey smentirà Trump (che lo aveva definito un "esibizionista") spiegando di non avere mai detto al presidente che non era sotto inchiesta.

Il New York Times, intanto, ha riferito che, quando ancora era direttore del Fbi, Comey non voleva più ritrovarsi da solo con Trump. Per questo, all'indomani dell'incontro in cui il presidente Usa gli chiese presumibilmente di mettere fine all'inchiesta su Flynn, Comey mise la questione chiaramente sul piatto con lo stesso Session. Non è tuttavia chiaro cosa abbia innervosito Comey nell'incontro, avvenuto nello Studio Ovale il 14 febbraio scorso, ossia all'indomani delle dimissioni di Flynn, costretto a lasciare il suo incarico perchè aveva fuorviato il vice presidente Mike Pence sulle sue conversazioni con l'ambasciatore russo negli Usa.

Secondo le fonti, Comey era convinto che Sessions dovesse proteggere il Fbi dall'influenza della Casa Bianca. E infatti a febbraio gli disse che "interazioni private" tra lui e il presidente erano fuori luogo. Il segretario alla Giustizia gli fece capire che Trump avrebbe potuto tentare di parlargli nuovamente in privato. Comey, in cerca di un confronto, incontrò da solo il presidente Barack Obama - che lo aveva voluto nel 2013 - in due occasioni.

Il nuovo capo del Fbi

Con un tweet Trump ha annunciato che designerà Christopher Wray alla guida del Fbi. La designazione dovrà essere approvata dal Senato. Wray, ex assistente del procuratore generale durante la presidenza di George W. Bush, ora lavora per gli uffici della King & Spalding a Washington e Atlanta. "Designerò Christopher A. Wray, uomo con credenziali impeccabili come nuovo direttore del Fbi. Seguiranno dettagli", ha twittato Trump.