Non ci sarà una tomba da trasformare «in luogo di pellegrinaggio per i juhadisti del pianeta». Gli Stati Uniti su questo punto sono stati inflessibili. Il corpo di Osama Benladen da ieri giace nel fondo del Mare Arabico del Nord. Lì lo ha deposto – dentro un sacco appesantito – la portaerei Usa Carl Winson. Il Pentagono ha, però, precisato che prima si è svolta una cerimonia di sepoltura in linea con i precetti islamici. La salma – ha detto una fonte della Difesa Usa – è stata lavata e avvolta in una tunica bianca. Un ufficiale ha, poi, letto un brano religioso, tradotto in arabo. Solo a questo punto, il corpo dello “sceicco del terrore” è stato posto su un asse di legno poggiato sul ciglio della fiancata della nave, quindi è stato ribaltato in mare. Lo stessa versione è stata confermata anche da funzionari della Casa Bianca. Le precisazioni statunitensi non sono riuscite, però, a placare la valanga di polemiche suscitate dalla scelta di seppellire in mare la scomoda salma. Una decisione presa per due ragioni. In primo luogo, la ferma volontà di impedire ai qaedisti di trasformare un’eventuale tomba in un luogo di “culto”. La difficoltà, in secondo luogo, di trovare un Paese disposto a ospitare le spoglie mortali del super terrorista. Il Pentagono lo ha detto chiaramente: nessuna nazione, nemmeno l’Arabia Saudita – in cui è nato Benladen nel 1957 e da cui è stato espulso 37 anin dopo – ha accettato il corpo. Da qui la decisione di seppellirlo nel Mare Arabico. A costo di dover affrontare un fuoco di fila di dubbi, perplessità e recriminazioni.Tra cui spicca, per importanza, la “condanna” di al-Azhar, il più autorevole centro teologico sunnita. Questo ha definito esplicitamente «peccato» il gesto americano un defunto «deve essere seppellito nella terra». Perfino in caso di annegamento – hanno precisato gli esperti di al-Azhar –, il corpo va ripescato e sepolto. Anche la “Gamaa Islamiya”, tra le principali organizzazioni islamiste egiziane, ha duramente criticato la scelta statunitense. «È un oltraggio, una mancanza di rispetto», hanno detto i suoi leader. A “ripudio” degli esperti islamici si aggiunge la tradizionale polemica che accompagna la scomparsa dei personaggi che, nel bene o nel male, segnano un’epoca, da Hitler a Saddam Hussein. Ovvero la negazione della morte, al di là dalle prove presentate. Washington si è premunita fornendo al mondo il maggior numero di referti. Primo fra tutti il test del Dna: il materiale genetico dello sceicco è stato confrontato con quello della sorella deceduta a Boston. La corrispondenza tra i due campioni è stata del 100 per cento, ossia non ci sono dubbi scientifici sul fatto che il terrorista ucciso vicino a Islamabad sia Benladen. Anche una delle mogli del terrorista – secondo quanto ha detto ieri un alto ufficiale dell’intelligence Usa – lo avrebbe identificato, chiamandolo per nome durante il blitz. Queste conferme, però, difficilmente saranno sufficienti a convincere i “negazionisti” a oltranza. Già, ieri, sono cominciate a circolare le “versioni alternative”.Su diversi siti integralisti comparivi messaggi che sostenevano la «menzogna americana». Tanti sostenevano che avrebbero creduto solo di fronte al corpo. La storia, però, insegna che spesso non è così. Il 9 ottobre 1967, le autorità boliviane decisero di esporre il cadavere del guerrigliero Ernesto Che Guevara a Vallegrande. Solo quando Fidel Castro annunciò, una settimana dopo – il 18 ottobre –, la morte del Che la gente ci credette. Vari gruppi neonazisti o appassionati fantasiosi continuano a negare ancora adesso il decesso di Hitler nel bunker di Berlino. C’è il rischio che con Benladen accada lo stesso. Un’insolita coincidenza, oltretutto, unisce il fondatore del nazismo e l’ideatore di al-Qaeda. In entrambi i casi, i due decessi furono annunciati dagli Stati Uniti il primo maggio.