I vescovi. Pontier: «Diamo un senso alla parola fiducia tra la Francia e i cattolici»
Il presidente dei vescovi francesi Pontier
Monsignor Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza episcopale francese (Cef), esprime ad Avvenire le proprie impressioni sulle promesse di un dialogo più approfondito fra Chiesa e Stato che sono state scambiate lunedì sera in occasione della prima visita di un capo dell’Eliseo a un incontro pubblico proposto e organizzato dalla Cef.
Monsignore, come qualificherebbe il senso profondo di quest’incontro inedito?
È vero, l’evento è inedito nel nostro Paese. Nelle nostre intenzioni, c’era innanzitutto la volontà di rispondere agli inviti che abbiamo ricevuto negli ultimi mesi da più parti, per dirci che la Chiesa non si esprime abbastanza. Attraverso quest’evento, abbiamo voluto farlo in due modi: in primo luogo, dando la parola a delle persone fragili a causa della loro salute, della loro storia personale, della loro condizione attuale. Accanto a loro, mi sono espresso a nome della Conferenza; in secondo luogo, abbiamo voluto offrire l’occasione al presidente della Repubblica di rivolgersi ai cattolici nella sua qualità di capo dello Stato garante delle libertà di tutti, comprese quelle di credere o di non credere. Dargli l’occasione, pure, di esprimersi su come interpreta la diversità all’interno della Francia e il posto della Chiesa cattolica in questa diversità.
Si tratta di un tipo d’evento che si ripeterà nel tempo?
A proposito della frequenza, vedremo se occorrerà ripetere una simile serata e in quale maniera. È stata una prima occasione, in questa forma. Valuteremo, faremo il punto, rifletteremo. Ma sono già molto felice di questa serata e molto felice dell’atmosfera che si è creata, della sua qualità, del buon clima.
Senza citare nomi, il presidente ha additato una certa politica che in passato ha cercato d’ignorare o al contrario strumentalizzare i cattolici. Ritiene che potrebbe aprirsi adesso una nuova pagina?
Non ci siamo riuniti per fare confronti fra personalità politiche. Desideriamo oggi soprattutto che prendano al più presto un senso pieno delle parole come quella di fiducia. Fra lo Stato e i cattolici, ma in generale all’interno della società francese. Deve crescere la fiducia degli uni verso gli altri. E ho personalmente cercato di ricordare che, per giungere a ciò, occorre innanzitutto cominciare occupandosi dei più fragili e dei più poveri.
Fra queste persone fragili, anche i migranti, evocati spesso nel corso della serata…
Su questo tema cercheremo di restare dei pungoli, per ricordare il nostro dovere di umanità e di fratellanza.
Altro punto forte di confronto, le questioni bioetiche.
Certo, occorre il nostro impegno. In proposito, continuiamo a lavorare sul campo con schede esplicative per aiutare a riflettere su questi temi. Partecipiamo pure a molti incontri nel quadro degli Stati generali della bioetica attualmente in corso. Nelle diocesi, organizziamo parallelamente conferenze, incontri, dibattiti.
Nel discorso del presidente, ci sono passaggi che l’hanno colpita in modo particolare?
Certe parole, evidentemente, come la “linfa cattolica”. Ma forse anche i tre inviti che ci ha rivolto. Ovvero, essere nella società francese dei portatori di saggezza, così come coloro che offrono un impegno soprattutto al fianco dei più deboli e coloro che apportano pure la loro libertà di parola e d’impegno. L’enfasi sulla saggezza e sulla riflessione antropologica cattolica è forse l’aspetto più significativo di questo discorso, se consideriamo le mutazioni che stiamo vivendo, non solo in Francia, ma in tutto l’Occidente.
L’hanno colpita le frequenti citazioni di documenti e autori cristiani?
Il presidente ha mostrato di conoscere coloro a cui si è rivolto. Ha utilizzato tante citazioni alle quali siamo sensibili. Ma al di là di questi aspetti gradevoli del suo discorso e della serata, siamo consapevoli che si tratta solo dell’inizio di un cammino che vogliamo costruire assieme.