America latina. Santos: la pace in Colombia un «regalo caduto dal cielo»
«Signore e signori, c’è una guerra in meno nel mondo. Quella colombiana». Le parole, al contempo attese e sorprendenti, sono risuonate ieri nel municipio di Oslo per bocca del neo-Nobel per la pace Juan Manuel Santos. Non poteva che concludersi là, dove tutto è cominciato 4 anni fa per proseguire all’Avana, il processo per fermare il più lungo conflitto d’Occidente.
Quel 18 ottobre 2012, pochi credevano che il negoziato – il quarto in 52 anni – tra il governo e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) sarebbe andato a buon fine. Facendo avverare la profezia dell’altro Nobel colombiano – per la letteratura – Gabriel García Márquez: «Una nuova e travolgente utopia della vita (...) in cui le stirpi condannate a cent’anni di solitudine abbiano infine e per sempre una seconda opportunità sulla terra». Invece è accaduto. Nonostante la raffica di colpi di scena degni del realismo magico marquesiano. L’ultimo, il più spiazzante, la bocciatura dell’accordo al referendum del 2 ottobre, 5 giorni prima della decisione del Comitato di Oslo di assegnare il Nobel per la Pace a Santos.
Se la Colombia è riuscita a superare quel momento – ha detto il presidente nel ricevere il riconoscimento –, e cioè ha raggiunto e ratificato in Congresso un nuovo patto, è anche grazie al cruciale sostegno della comunità internazionale. Per questo, il leader ha definito il «Nobel un dono del cielo», che ha reso «possibile l’impossibile». In questo, la Colombia diviene ora una lezione per il mondo lacerato dai conflitti, «per la Siria, lo Yemen o il Sud Sudan».
Il discorso di Santos è sta- to, però, soprattutto, un appassionato omaggio agli otto milioni di vittime del conflitto, la cui voce è stata cruciale per la pace. Di fronte a Ingrid Betancourt, Clara Rojas – conosciuti ostaggi delle Farc – e lo scrittore Héctor Abad Faciolince, il cui padre è stato massacrato dai parami-litari, Leyner Palacio, sopravvissuta a un attacco bomba della guerriglia, Santos ha sottolineato come, paradossalmente, siano state queste ultime le più propense a «perdonare, riconcialiarsi, affrontare il futuro con il cuore libero d’odio».
Con loro, dunque, Santos ha voluto condividere il Nobel e con gli altri 50 milioni di colombiani, incluse le Farc – assenti alla cerimonia –: senza la loro «grande volontà di pace» il processo sarebbe fallito.