A partire dall’agosto 2013, chiese e associazioni religiose americane saranno costrette ad offrire ai loro dipendenti un’assicurazione sanitaria che rimborsi contraccezione e aborto. Una decisione, annunciata ieri dall’Amministrazione Obama, che i vescovi statunitensi hanno definito «sconsiderata» e che l’“Osservatore Romano” ha condannato. «Mai prima d’ora il governo federale ha costretto individui e organizzazioni ad acquistare un prodotto (come un’assicurazione sanitaria) che viola la loro coscienza», ha commentato il vescovo di New York, presidente della conferenza episcopale Usa e cardinale in pectore Timothy Dolan. Di fatto l’annuncio del segretario del Dipartimento della Salute, Kathleen Sebelius, conferma la volontà della Casa Bianca di implementare quasi senza eccezioni la legge di riforma del sistema sanitario varata dall’Amministrazione Obama lo scorso anno, che prevede che i piani di assicurazione sanitaria per i dipendenti di qualsiasi organizzazione forniscano un pacchetto di servizi minimi obbligatori. Tali servizi prevedono l’aborto, interventi chirurgici per la sterilizzazione e la prescrizione di tutti i contraccettivi presenti negli elenchi del Food and Drug Administration, compresi farmaci abortivi. L’unica circostanza in cui un’organizzazione religiosa può essere esentata dall’obbligo è il caso in cui impieghi solo dipendenti che aderiscono apertamente alla sua stessa fede e abbia come unico scopo l’insegnamento di valori religiosi. Una clausola considerata troppo restrittiva da parrocchie, scuole ospedali gestiti dalla Chiesa e associazioni cattoliche, che si dedicano a una gamma di attività più ampia dell’insegnamento religioso. Il dicastero per la Salute ha concesso alle organizzazioni un anno in più per adeguarsi alla legge, con la sola alternativa, in caso non lo facciano, di smettere di fornire copertura sanitaria ai propri dipendenti. La concessione di un anno, a detta di Sebelius, vuole rispondere alle «preoccupazioni che sono state espresse circa la libertà religiosa da vari gruppi». La direttiva ha raccolto proteste anche da parte del mondo protestante evangelico, ed è destinata a entrare con forza nella campagna elettorale per la rielezione di Obama. La Conferenza episcopale Usa ha infatti già invitato sul Web la comunità cattolica e tutti cittadini a rendere pubblico il loro dissenso e a pretendere una vera libertà di coscienza.