Brasile. Nella San Paolo in ginocchio, la rinascita è il vaccino ai senzatetto
A Vila Nova Cocherinha vengono riesumati i resti vecchi per far posto alle nuove vittime
«E' stato un dono improvviso. Alla fine della settimana scorsa. Abbiamo ricevuto una chiamata che annunciava l’imminente invio delle dosi per i nostri ottocento ospiti. Mercoledì sono arrivati gli operatori e, in poche ore, hanno vaccinato tutti. È stata una piccola esperienza di Resurrezione nel mezzo di questo infinito Venerdì Santo della pandemia brasiliana», racconta, con un filo di emozione, don Simone Bernardi, uno dei missionari del Sermig di Torino impegnati all’Arsenal da Esperança di San Paolo, la più grande casa di accoglienza per senza dimora dell’America Latina, realizzata quasi tre decenni fa, grazie all’amicizia tra l’italiano Ernesto Olivero, fondatore dell’Arsenale della pace, e il vescovo Luciano Mendes de Almeida. Per settimane, l’Arsenal e le altre strutture della metropoli paulista avevano pregato le autorità di provvedere all’immunizzazione delle persone da loro alloggiate. Una categoria particolarmente a rischio. «Sembrava impossibile, data la lentezza con cui procedono le operazioni». Appena il 9 per cento della popolazione è stata immunizzata, quasi metà dell’Italia. «E invece...», prosegue don Simone. Il più incredulo è sembrato lo stesso “popolo degli ultimi”. «La gran parte ha telefonato ai parenti, residenti nel remoto Brasile rurale, per raccontarglielo. Tanti hanno fatto il video dell’iniezione per inviarglielo. Per una volta, si sono sentiti privilegiati. Una gioia che ci consente di celebrare questa Pasqua con la speranza di avere fatto un piccolo passo avanti rispetto a un anno fa. Purtroppo per milioni di brasiliani non sarà così».
Con più di 66mila vittime a marzo, il Gigante del Sud vive il momento più tragico della pandemia, di cui è diventato epicentro globale. Con il 3 per cento della popolazione mondiale, il Paese ha l’11 per cento dei decesi: oltre 328mila, la seconda nazione dopo gli Usa. Nelle ultime settimane, inoltre, qui si sono concentrati un quarto dei morti globali, al ritmo di oltre 3mila al giorno e punte di quasi 4mila. Uccisi, in gran parte, dalla variante amazzonica, più contagiosa e letale oltre che capace di reinfettare i guariti. A questa, ora, si è aggiunto un nuovo ceppo, identificato a Rio de Janeiro. L’emergenza sanitaria si intreccia con la crisi politica, dato il negazionismo a oltranza di Jair Bolsonaro. Non solo il presidente ha ingaggiato un estenuante braccio di ferro con i governatori, per impedire di attuare qualunque forma di restrizione. L’esecutivo ha proceduto con estremo ritardo all’acquisto dei vaccini, nonostante due di questi – Pfizer e Janssen – fossero stati sperimentati in Brasile. E Bolsonaro ha ribadito per l’ennesima volta: «In ogni caso, sarò l’ultimo a farmi immunizzare». Solo venerdì c’è stata un’accelerazione con la distribuzione di un milione di dosi.
Pur duramente colpito dalla prima ondata, inoltre, il Paese non è stato in grado di sviluppare una strategia sanitaria adeguata. Il sistema è al collasso: in 25 Stati su 27 il tasso di occupazione delle terapie intensive oltrepassa l’80 per cento. Diciotto Stati, secondo l’ultimo rapporto della fondazione Owaldo Cruz, stanno esaurendo le scorte di farmaci e altri sei hanno carenza di ossigeno. San Paolo – che ha sempre vantato una delle sanità più efficienti in America Latina – è nell’occhio del ciclone: oltre un quarto delle morti giornaliere, in media, avviene nella metropoli. Ben 507 persone sono soffocate in attesa di un posto nelle terapie intensive, piene al 92 per cento. Insieme agli ospedali, scoppiano i cimiteri, con un aumento delle sepolture del 60 per cento il mese scorso rispetto al marzo dell’anno precedente. Il camposanto di Vila Nova Cachoerinha ha esaurito lo spazio e ha iniziato a riesumare le salme vecchie di oltre tre anni per far posto alle vittime più recenti. Secondo il sindacato degli operatori funerari, ovunque si lavora a cottimo mentre i quattro principali cimiteri paulisti sono stati costretti all’apertura notturna.
Sepoltura notturna a Vila Formosa - Reuters
Proprio San Paolo, inoltre, cuore economico del Paese, è la cartina di tornasole della terza crisi in atto, oltre a quella sanitaria e a quella politica: il crollo dell’economia. A farne le spese, soprattutto, i lavoratori in nero, per la riduzione – pur in assenza di un vero lockdown – delle attività. Il Comune, un anno fa, aveva registrato almeno 30mila senzatetto. Ora potrebbero essere il doppio. «Il centro è un enorme accampamento – conclude don Simone –. A dormire su cartoni e sacchi a pelo non sono più, in maggioranza, uomini soli ma famiglie intere per cui è diventato impossibile pagare l’affitto. Sempre più, inoltre, bussano alla nostra porta per chiedere cibo. Grazie a Dio qualcuno continua ad aiutarci. L’altro giorno una ristoratrice, in difficoltà, ha voluto condividere con noi la sua dispensa. “È il momento di unirsi”, mi ha detto...».