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Mosca. La Russia ha condannato a 16 anni di carcere un giornalista americano

Marta Ottaviani sabato 20 luglio 2024

L’inviato del Wall Street Journal Evan Gershkovich

L’inviato del Wall Street Journal Evan Gershkovich è stato ritenuto colpevole di spionaggio e destinato a una colonia penale Il processo lampo dopo più di un anno di detenzione preventiva Una condanna rapida ed «esemplare» per Mosca, l’ennesima mina da disinnescare per il presidente Biden. Il giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, è stato condannato a 16 anni di colonia penale, dopo una carcerazione preventiva di oltre un anno e un processo lampo. Segno che il presidente russo, Vladimir Putin, ha intenzione di utilizzare la vicenda umana di Evan per premere sugli Stati Uniti, proprio ora che il partito democratico è in crisi e Trump, che non ha mai nascosto le sue simpatie per il Cremlino, è in fase di ascesa. Si tratta del primo giornalista che finisce dietro le sbarre dalla fine della Guerra Fredda. La procura di Sverdlovsk, dove si è svolto il processo ha emesso una condanna leggermente più lieve rispetto a quella richiesta dall’accusa, che ammontava a 18 anni. Tutto è cominciato nel marzo del 2023. Evan, 32 anni, figlio di immigrati ebrei che si rifugiarono negli Stati Uniti dopo aver lasciato l’Unione Sovietica, giornalista stimato da tutti, che prima del Wall Street Journal aveva lavorato anche per l’agenzia stampa AFP e per il quotidiano The Moscow Times, si trovava negli Urali per un’inchiesta, quando una sera, in un ristorante di Ekaterinburg, è stato avvicinato dall’FSB, il servizio segreto russo, e portato via. Mosca non ha aspettato molto per fare scattare l’allarme.

Il Cremlino ha dichiarato subito che il giornalista era stato «colto in flagrante» con documenti riservati. Secondo la Piazza Rossa, Evan stava lavorando per la Cia, raccogliendo informazioni top secret sulla compagnia Uralvagonzavod, che si trova nella regione di Sverdlovsk, negli Urali e che è una delle principali produttrici di carri armati. Non è mai stata diffusa una prova concreta a sostegno di queste accuse, nemmeno informazioni generiche sui documenti di cui Gershkovich sarebbe entrato in possesso. Per Evan, da quel momento, è iniziato un calvario detentivo, con una sistemazione fin troppo simbolica. Il reporter, prima che iniziasse il procedimento penale contro di lui, è stato portato alla prigione di Lefortovo. Un luogo che i moscoviti conoscono fin troppo bene, visto che in tanti hanno avuto almeno un parente o un conoscente che è transitato per quegli interminabili, spettrali corridoi. Situata nella parte sudorientale della capitale, è stata costruita alla fine del XIX secolo e da quel momento è diventata il sinonimo di morte e orrore. Dagli Zar, fino agli ultimi anni dell’Unione Sovietica, qui si torturavano, si conducevano all’esaurimento e si uccidevano gli oppositori dei due regimi o avesse anche solo provato a metterlo in discussione.

Una tradizione portata avanti fin troppo fedelmente dal putinismo, che dell’epoca imperiale e quella sovietica è riuscito a ereditare gli aspetti peggiori. Il presidente Putin non ha escluso che il giornalista possa essere oggetto di scambio. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha detto che queste questioni richiedono il riserbo assoluto, lasciando intendere che una trattativa è già in corso. Il nome più papabile è quello di Vadim Krasikov, un cittadino russo che sta scontando l’ergastolo in una prigione tedesca per aver ucciso un dissidente ceceno-georgiano in esilio in un parco di Berlino nel 2019. La magistratura tedesca la Russia di terrorismo di stato, affermando che l’ordine di uccidere proveniva dallo stesso Putin. Il presidente americano, Joe Biden ha detto che il reporter è stato condannato nonostante non abbia commesso alcun crimine e che «liberarlo è una priorità». Il Wall Street Journal ha parlato di «decisione scandalosa», mentre l’Alto Rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell ha espresso una «ferma condanna» per la pena inflitta al reporter.