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La crisi ucraina. Russi, ucraini e tartari, il dono di Khrushchev preso in affitto da Mosca

Giovanni Bensi giovedì 27 febbraio 2014
Mosca «segue attentamente ciò che accade in Crimea e tutto quello che succede intorno alla flotta del Mar Nero»: lo ha detto il ministro russo della Difesa Sergeij Shoigu, annunciando che la Russia prende «le misure per garantire la sicurezza delle nostre installazioni, delle nostre infrastrutture e del nostro arsenale della flotta del Mar Nero». Intanto a Yalta sono giunti soldati di leva da Sebastopoli.Dunque, al contenzioso fra Mosca e Kiev sulle terre orientali russofone dell’Ucraina, le terre più sviluppate dal punto industriale, si aggiuge il contenzioso sulla Crimea. Questa penisola, con capitale Sebastopoli, appartiene ora all’Ucraina, ma è la sede delle flotta russa del Mar Nero. La Russia, sulla base di accordi con Kiev risalenti a dopo l’implosione dell’Urss, si è assicurata, dietro il pagamento di un affitto, il diritto ad usare questi luoghi che sono sottratti alla sua sovranità. Però la Crimea è abitata in prevalenza da russi (cioè da parlanti il russo), misti ad altri abitanti di lingua ucraina e ad una terza etnia, i turcofoni tartari di Crimea. Kiev si riallaccia anche a precedenti storici, che in realtà sono piuttosto deboli. Infatti uno Stato di nome «Ucraina» non è mai esistito, tranne che per brevi e precari periodi. L’antico Stato degli slavi orientali, convertito al cristianesimo (greco-ortodosso) dal principe Vladimir nel 988, non si chiamava né «Russia», né «Ucraina», ma «Rus’ di Kiev». Solo successivamente, in seguito alle invasioni mongoliche, polacche eccetera, il regno trasmigrò verso nord, divenendo, con Jurij Dolgorukij, la «Russia di Mosca». Anche la lingua della Rus’ trasmigrò, mentre negli antichi territori della Rus’ si formò, sotto influenza polacca, una nuova lingua oggi conosciuta come ucraino. La prima citazione del nome «Ucraina» risale al 1187, col significato di «terra di frontiera» o «di periferia». Nel 1654 lo hetman (il capo dell’esercito) delle terre ucraine, Bogdan Khmelnitskij, ne chiese ed ottenne l’annessione allo Stato russo.La Crimea, dopo un passato come “khanato” islamico, ora soggetto e ora vassallo dell’Impero ottomano, fu annessa alla Russia da Caterina II nel 1783. Da allora Pietroburgo favorì la colonizzazione del nuovo territorio mediante l’immigrazione di suoi cittadini che erano “slavi orientali”, indifferentemente russi o ucraini. Per la Russia la Crimea divenne parte dell’epos nazionale con la guerra perduta del 1853-1855. In quegli anni la Crimea non appartenne né alla Russia, né all’Ucraina, che non esistevano come unità territoriali, ma al comune Impero Russo.Nel 1954, il capo dell’Urss, Nikita Khrushchev, volendo celebrare il 300 anniversario dell’annessione delle terre ucraine alla Russia, decise di “donare” la Crimea all’Ucraina “socialista”. La cosa non ebbe conseguenze perché le frontiere inter-repubblicane nell’Urss non avevano alcun significato: la Crimea rimaneva comunque sovietica. Ma con l’indipendenza dell’Ucraina e della Russia, Kiev pretese e ottenne che la “donazione” di Khrushchev fosse riconosciuta. La Russia, in una condizione di debolezza sotto Boris Eltsin, si trovò privata del suo più importante centro strategico del quadrante meridionale. Da allora Mosca non ha più fatto mistero della sua intenzione di ritornare in possesso della “sacra Crimea”. Il consolato russo incominciò a distribuire passaporti russi a chiunque li richiedesse, gonfiando così il numero dei russi nella penisola. Oggi, la concreta minaccia di un intervento.