Governa da 33 anni, oltre la metà dei suoi 65 anni. Prima, ai tempi dei due Yemen, come leader della sola parte settentrionale, poi, dal 1990, come primo (e unico) presidente della nazione riunificata. Ali Abdullah Saleh ha dimostrato in tre decenni straordinarie doti di vitalità, politica e non solo: di lui si dice tra l’altro che sia riuscito a sopravvivere a quasi un centinaio di attentati.Sin dai primi anni, ha governato col pugno di ferro, ricorrendo anche alla fucilazione di oppositori veri o presunti. Pur avendo avuto un’istruzione limitata, è riuscito a salire in fretta tutti i gradini della carriera militare e a diventare nel 1978, a soli 35 anni, il principale dirigente nord-yemenita. E da lì a lanciare l’offensiva per la riunificazione, ora rimessa in discussione da spinte secessioniste nel Sud. Oltre agli ideali politici, allora c’era anche il sogno – di certo non realizzato – di unire le forze per sfruttare meglio le risorse petrolifere del Paese ed affrancarlo dal sottosviluppo, come i vicini ricchi del Golfo. Il 23 aprile, e anche un mese dopo, ha accettato il compromesso proposto da questi Paesi e che prevede che egli lasci il potere dopo trenta giorni di transizione, in cui il presidente avrebbe dovuto trasmettere il potere al vice presidente) in cambio della immunità. Ma la sua firma non è mai arrivata.
IL PUNTO DI SVOLTAIn un Paese dove la struttura clanica è fondamentale, è bastato che i capi degli Hashed e dei Bakil, le due più potenti tribù dello Yemen, si siano dissociati, il 26 febbraio scorso, dal presidente e si sono uniti alle proteste per far pendere il piatto della bilancio a favore dell’opposizione. La confederazione tribale degli Hashed, è stanziata in una buona parte del Nord e si compone di 4 tribù (Bin Suraym, Kharif, al-Usaymat e Uzar), divisi a loro volta in 18 sottotribù. La confederazione è guidata dal gennaio 2008 dallo sceicco Sadiq Abdullah al-Ahmar, 55 anni, leader del partito Islah (Riforma). In passato, gli Hashed avevano dato filo da torcere a tutti i poteri che si sono succeduti nell’ultimo secolo nello Yemen: dagli Ottomani, all’imam Yahya, all’imam Ahmad, fino ai monarchici nella lunga guerra civile che ha scosso lo Yemen tra il 1962 e il 1970. Lo Yemen è, alla fine, una sorta di “Repubblica delle tribù”. Il potere del presidente Saleh poggia su tre pilasti: la famiglia (suo figlio e i suoi nipoti sono comandanti della Guardia repubblicana e delle Forze speciali); la sua tribù dei Sahnan con i principali capi della tribù al-Ahmar e alcuni generali; e infine membri selezionati degli Hashed e dei Bakil, oltre ad alcuni religiosi salafiti, come lo sceicco Zindani. Se il primo anello si mantiene ancora compatto attorno a Saleh, lo stesso non si può dire degli altri due livelli. Le prime defezioni si sono registrate nelle file dell’esercito, con alcuni generali di stanza a Jawf, Amran e Lahij che si sono uniti all’opposizione. Il peggio per Saleh è arrivato quando a questi si sono aggiunti i leader più influenti della confederazione degli Hashed. Dopo la svolta dello sceicco Sadiq, si sono dimessi dai loro incarichi il “numero due” del Parlamanto, i ministri del Turismo e della Gioventù, il presidente del Consiglio di solidarietà nazionale, tutti membri del clan Ahmar, e almeno uno dei leader della confederazione dei Bakil, la più numerosa dello Yemen, lo sceicco Mohammed Abu Luhum, ha abbandonato il partito di Saleh.